giovedì 28 ottobre 2010

The Cove

A pochi mesi dal premio Oscar come miglior documentario del 2009, il film "The Cove" torna tragicamente alla ribalta.
E' ripreso infatti, come tutti gli anni, il massacro dei delfini nella baia di Taiji, in Giappone.
Si stima che ogni anno, nel Paese del Sol Levante, circa 20mila delfini vengano massacrati per la loro carne ed altri invece catturati vivi per i delfinari di tutto il mondo.

Quello che accade a The Cove è monitorato giorno per giorno da Sea Shepherd, con foto, video ed un report dettagliato.
Sono comunque molte le organizzazioni che si occupano della mattanza di Taiji : Save Japan dolphins, One voice, Oceanic Preservation Society i più famosi.







Le acque della baia si tingono di rosso, gli attivisti si oppongono e protestano e noi rimaniamo impotenti a guardare, anno dopo anno....il minimo che possiamo fare è firmare una petizione.

mercoledì 27 ottobre 2010

Marine Photobank's 2010 Ocean in Focus Conservation

Ecco le foto vincitrici del concorso Marine Photobank's 2010 Ocean in Focus Conservation.

Immagini e testo tratto da National Geographic

La foto vincente
Fotografia di Guy Marcovaldi, Projeto Tamar Brazil, Marine Photobank
Un subacqueo libera una delle 17 tartarughe marine affogate da una rete da pesca abbandonata al largo delle coste del Brasile: è la foto che ha vinto il concorso fotografico Marine Photobank's 2010 Ocean in Focus Conservation.
La missione di Marine Photobank è tesa a migliorare la tutela dei mari fornendo gratis fotografie di alta qualità ai media e alle attività non commerciali. Con questo concorso, Marine Photobank cercava immagini di grande impatto per “gettare luce sulle molte minacce che mettono in pericolo i nostri mari”. La National Geographic Society ha donato i premi per i vincitori del concorso."Le tartarughe sono pericolo”, commenta l'oceanografa ed esploratore incaricato di National Geographic Sylvia Earle. "Il numero di esemplari è in calo ancor più rapido di altre creature marine. Per alcune specie sopravvive forse il 5 per cento, "La buona notizia però è che gli oceani sono grandi e in grado di sopportare notevoli stress. La cattiva notizia è che anche il grado di sopportazione ha un limite”, aggiunge Earle. "Il 90 per cento di molti dei grandi pesci è scomparso, metà delle barriere coralline è scomparsa o versa in grave degrado , il 40 per cento del plancton è scomparso. Tutte queste sono notizie gravissime."Ci sono però ancora molti motivi di speranza. I mari non sono morti. Abbiamo ancora il 10 per cento di molte specie che stanno scomparendo rapidamente. Abbiamo ancora la possibilità di agire, ma dobbiamo fare presto”. Sean Markey

Un gigante caduto: ultimo addio
Fotografia di Peri Paleracio, Marine Photobank
Abbandonato in agonia su una spiaggia delle Filippine dai pescatori di frodo che gli hanno tagliato le pinne per venderle, uno squalo balena viene pianto da una donna. Marine Photobank ha proclamato questo scatto come "immagine più convincente" del 2010 in onore dell'anno della biodiversità proclamato dall'ONU. La plastica è un'altra minaccia per gli squali balena. Questi giganti gentili si nutrono di plancton e possono ingerire plastica con i grandi volumi di acqua che ingeriscono mentre mangiano. Inoltre rimangono incastrati in reti da pesca, sia abbandonate che in uso. Comparsi nei mari verso la metà del ventesimo secolo, gli oggetti di plastica stanno sopraffacendo ormai gli ecosistemi sommersi. Sopratutto, la plastica sta modificando la chimica dei mari e di tutte le creature che la ingeriscono.

L'albatro perduto
Fotografia di Guy Marcovaldi, Projeto Tamar Brazil, Marine Photobank
Tra le prime classificate del concorso Marine Photobank, questa foto mostra un albatro affogato dopo aver ingerito un amo di palamito al largo delle coste del Brasile: l'albatro è tra le centinaia di migliaia di uccelli marini uccisi ogni anno come prede accidentali."Anche questo è il prezzo del tonno o del pesce spada che mangiamo tutti i giorni, catturato con la pesca col palamito. Non è facile rimpiazzare gli albatri perduti”, aggiunge Earle, sottolineando che gli uccelli marini possono vivere quanto gli esseri umani. “Ci vogliono dai 10 ai 15 anni perché un albatro cominci a riprodursi e generano prole una volta l'anno quando va bene. Sono però essenziali per gli ecosistemi marini. È anche grazie a loro che il pianeta funziona”.

Oggetti di morte
Fotografia di Maximilian Hirschfeld, Marine Photobank
In un'altra delle foto ai primi posti del concorso Marine Photobank, un pescatore in Ecuador prepara gli ami del palamito. Questo tipo di pesca uccide accidentalmente anche grandi quantità di squali, tartarughe marine e uccelli marini."Milioni di ami vengono messi in acqua tutti i giorni. E su ogni amo c'è un piccolo pesce o un calamaro”, dice Earle. Con queste esche si potrebbe nutrire una nazione intera”.

Petrolio sopra, squali sotto
Fotografia di Jake Levenson, Marine Photobank
Squali nuotano vicino a una chiazza di petrolio nel Golfo del Messico lo scorso luglio, circa tre mesi dopo il disastro petrolifero nel Golfo, in questa fotografia tra le più apprezzate nel concorso Marine Photobank."Le perdite di petrolio possono causare danni gravi”, afferma Earle. “Il vero problema però è il contributo dei combustibili fossili e il loro impatto sul riscaldamento globale, l'innalzamento delle acque marine e infine, forse più preoccupante di tutto, l'acidificazione delle acque”, dice Earle.Nonostante tutto, comunque, "credo che queste immagini debbano comunque indurci alla speranza”. afferma Earle. “So che questi scatti non sembrano esprimere speranza. Ma la vera speranza riguarda tutte le persone che vedendo queste foto capiranno quanto siano in pericolo i nostri mari. E lo capiranno finché siamo in tempo. Il messaggio che ci riguarda tutti è che non possiamo permettere il perpetuarsi di questo degrado”.

lunedì 25 ottobre 2010

37° Festival mondial de l'image sous-marine



COSA: "37° Festival mondial de l'image sous-marine" (Festival mondiale dell'immagine subacquea)

DOVE: Marsiglia (Francia) Palais du Pharo
QUANDO: 27-31 ottobre 2010

SITO: http://www.underwater-festival.com/index-en.html
PROGRAMMA (disponibile per ora solo in francese): http://www.underwater-festival.com/images/2010/Programme2010.pdf

CONTATTI:

LES BUREAUX DU FESTIVAL
Festival Mondial de l'Image Sous-Marine -1157, chemin de la Plaine - BP 1307 - 06255 Mougins cedex- France
Tel : +33 (0)4 93 61 45 45
Fax : +33 (0)4 93 67 34 93
Coordinate GPS : N 43° 60' 31.53", E 6° 97' 21.65"
E-mail : info@underwater-festival.com

LE PALAIS DU PHARO
58 Boulevard Charles Livon, 13007 Marseille
Tel : +33 (0)4 91 55 11 11
Coordinate GPS : N 43° 29' 39.98", E 5° 35' 83.34"
www.palaisdupharo.marseille.fr

giovedì 21 ottobre 2010

Chandelier Cave

in costruzione

Micronesia - Palau

immagine tratta dal sito http://www.fishnfins.com/

immagine tratta dal sito http://www.samstours.com/









Jellyfish lake - Micronesia

in costruzione
Uno dei posti più particolari in cui mi è capitato di immergermi, è certamente il famosissimo Jellyfish Lake, in Micronesia. Questo piccolo bacino, circondato da una fitta foresta tropicale che lo separa dalle acque cristalline della laguna di Palau, ha la peculiarità di essere abitato da milioni di meduse non urticanti, che migrano tutti i giorni da una sponda all'altra del lago, seguendo il percorso del sole.
Il lago mi ha regalato un pomeriggio speciale e la voglia di approfondire le scarne notizie ricevute durante il briefing, così mi è venuto in mente di raccoglierle qui.

Notizie generali (tratte da:Wikipedia e liberamete tradotte da me)
Il Jellyfish Lake (Palauano: Ongeim'l Tketau, "Quinto lago") è un lago marino situato nell’isola di Eli Malk nell’arcipelago di Palau (Micronesia). Eil Malk fa parte delle Rock Islands, un gruppo di piccole isole disabitate nella zona sud della laguna di Palau, tra Koror (l'isola che ospita la capitale) e Peleliu (l'isola più meridionale della laguna).

immagine tratta da Wikipedia

Ci sono circa 70 altri laghi marini nelle Rock Islands di cui il Jellyfish Lake è il più famoso, grazie a milioni di meduse non urticanti che migrano quotidianamente da una parte all’altra del lago.

Il lago è connesso all’oceano attraverso fenditure e tunnel scavati nel calcare risalente al tardo Miocene; tuttavia risulta sufficientemente isolato e le condizioni così differenti che la varietà delle specie viventi nel lago è molto ridotta rispetto all’adiacente laguna ed inoltre e la loro evoluzione è avvenuta in modo sostanzialmente differente rispetto a specie simili che vivono in mare aperto.

Il lago risale a 12,000 fa; l’età è stimata in base alla profondità del lago (circa 30 metri) sullo spessore del sedimento (almeno 20 metri) e all’aumento del livello del mare. Circa 12000 anni fa, il livello del mare salì fino al punto in cui l’acqua iniziò a riempire il bacino del lago.

immagine tratta da Wikipedia


Comparazione tra la medusa dorata (Mastigias sp.) che vive nel lago e quella a pois (Mastigias papua) che vive nella laguna adiacente. Immagine tratta da Wikipedia


Comparando la medusa che vive nel lago (a sinistra) e la sua parente prossima della laguna (a destra) risultano evidenti i cambiamenti:la perdita delle macchie, la variazione di colore e la notevole riduzione dei tentacoli nella medusa dorata presente nel Jellyfish Lake.

Due specie di meduse vivono nel lago: la medusa luna (Aurelia sp.) e la medusa dorata (Mastigias sp.).

continua.....


martedì 19 ottobre 2010

Compleanno a Mezzocanale

Argentario - Secca di Mezzocanale - 1° Ottobre 2010

Da una decina di anni ho deciso che il giorno del mio compleanno devo passarlo sott’acqua o, in caso di elementi atmosferici avversi, in qualche posto interessante/nuovo/ovunque ma non al lavoro.
Per quest’anno scelgo la felice opzione “weekend lungo” all’Argentario.
Mentre finiamo di caricare le attrezzature in macchina, Stefania ci comunica l’orario di ritrovo per la mattina successiva e la meta: Mezzocanale!
Ottimo. Gongolo un po’: sono 3 anni che non vado in questo meraviglioso posto e non vedo l’ora. Peccato solo non potermi immergere con il mio buddy, causa problemi logistici dovuti al gommone.
E’ come se mi mancasse qualcosa ma al porto, la mattina dopo, me ne faccio subito una ragione.
Nonostante le previsioni dei giorni precedenti, il tempo è buono, il mare e la compagnia anche: ci sono tutte le premesse per festeggiare adeguatamente.
Mi guardo attorno: le configurazioni degli altri sono tutte più o meno tek: bibo, de compressive e nero nero nero.
Mi metto a preparare l’attrezzatura in un angolino, vergognandomi anche un po’ di tutto sto fucsia ( meno male che le pinne rosa con cinghiolo fai da te very povero sub le ho lasciate a casa ) del mono da 15 litri e dell’octopus vintage rigorosamente INT…
Partiamo.
Vento in faccia e profumo di mare. Mi sento subito meglio, leggera, la testa senza pensieri.
La pittoresca scogliera a strapiombo scorre veloce. Ci portiamo più al largo fino a raggiungere il punto di immersione.
Qualche barchetta di pescatori staziona lì, con nostro disappunto, ma appena arriviamo partono, lasciandoci il campo libero.
Simone fa un rapido briefing e va a controllare l’ormeggio sulla secca; nel frattempo si decidono le coppie: io starò con S. che conosco ( ma non subacqueamente parlando: mi concentro sulla sua attrezzatura, per poterla distinguere in mezzo a tutti ‘sti cosi neri bibombolati ).
Iniziamo a prepararci, senza fretta.
Simone riemerge, dandoci l’ok: l’ormeggio è perfetto. A turno ci portiamo verso la poppa del gommone e, con una capriola all’indietro, ci buttiamo in acqua.
Appena tocco la superficie, sento subito una sciabolata di freddo al fianco…’azz!
Mi sa che le cuciture di questa povera stagna…. Non faccio a tempo a finire il pensiero che realizzo che l’acqua che sta filtrando nella muta è troppa per provenire da una cucitura allentata.
E’ più probabile che ci sia un buco vero e proprio nella stagna.
E’ così tanta la voglia di azoto che non mi metto nemmeno a smadonnare come al mio solito.
Mi sorprende questa mia versione zen…sarà l’età?
Pinneggiando raggiungo la catena dell’ancora: quando ci arrivo, ho tutto il sottomuta zuppo e sento i piedi che sciacquettano allegri in una simpatica pozzanghera.
Non mi ricordo nemmeno più da quanti anni non mi immergo in umida nel Mediterraneo (considerando che per me “umida” = semistagna!).
Scendiamo in fila indiana; la visibilità all’inizio non è cristallina come ci avevano decantato fosse proprio il giorno prima, ma è comunque buona.
Ogni tanto mi giro verso S. che mi segue e ci scambiamo un ok.
Raggiunto il cappello della secca, mi si apre il cuore.
Gorgonie gorgonie gorgonie!
Un tripudio di gorgonie! E su quasi ognuna, un Astrospartus mediterraneus…
Piccoli, eh, ma tanti!
Branchi di pesci di ogni genere circondano la secca, vivaci colori esplodono sotto il fascio della mia torcia.
Mi godo questo angolo di paradiso. Rosa, viola, giallo, fucsia, arancione.
Peccato non aver portato la macchina fotografica…ma anche no!
Oggi avevo proprio bisogno di un momento tutto mio.
La processione di sub inizia a dipanarsi lungo la parete della secca, ordinatamente, a coppie. Si vede che son tecnici, questi! ;-)
Quando do un’occhiata a S. mi accorgo con piacere che anche lei mi tiene “sotto tiro”, in maniera discreta ma efficace, noto il suo sguardo presente ed attento, mai successo con un buddy “occasionale”.
Ogni spaccatura nella roccia ci regala una sorpresa: musdee, murene di varie misure ed un grosso grongo. Una nuvola di grossi dentici appare e scompare attorno al cappello, sciamando lenta vicino a noi, per farsi ammirare meglio.
Ma sono i colori e la ricchezza delle gorgonie che rapiscono il mio cuore, oggi.
Una lievissima corrente fa sì che tutti i polipi delle gorgonie siano espansi, una vera meraviglia.
Rimarrei ore a contemplare questi colori, ma il tempo sott’acqua è tiranno, si sa, e dobbiamo ancora completare il periplo della secca. Proseguiamo, indugiando in ogni apertura della roccia, alla ricerca di qualche animaletto.
I dentici proseguono indisturbati il loro giro di ronda sulla sommità del crinale. Torniamo alla catena dell’ancora, è tempo di risalire: mi costa sempre staccarmi da questo mondo, ma oggi ancora di più.
Un’occhiata al computer mi fa rompere ogni indugio: non voglio farmi tanta deco con la muta completamente allagata.
Risaliamo tutti, ognuno con i suoi stop ed ognuno con i suoi cambi gas, ci ritroviamo poi in zona 5/6 metri, dove troviamo il trapezio per la deco calato in mare insieme alle bombole di rispetto.
Contrariamente a quanto prevedevo, non ho per niente freddo, nonostante l’acqua sia sui 16°C ed io sia completamente zuppa; mi attacco alla catena, mi sdraio guardando la superficie e mi auto ipnotizzo guardando le mie bolle che salgono espandendosi, cullata dal ritmo del mio respiro.
La mia deco finisce insieme a quella di tutti gli altri e nonostante la mia imbarazzante versione ricreativa, non ci sono state differenze di sorta tra i nostri profili.
Una volta sul gommone, un timido sole fa capolino tra le nuvole che nel frattempo hanno velato il cielo, riscaldandoci.
Un movimento tra le onde attira la nostra attenzione: un grosso pesce luna passa, saluta e se ne va, portato dalla corrente. Non c’è tempo per buttarsi in acqua, siamo già svestiti; guardiamo la pinna dorsale che, sventolando nella brezza, si allontana in direzione Giglio.
E’ la classica ciliegina sulla torta, ed oggi è proprio il caso di dirlo!
Buon compleanno!


venerdì 15 ottobre 2010

9 mesi e 12 giorni dopo...

Tor Paterno - Settembre 2008

9 mesi e 12 giorni dopo l’ultima immersione, ariecchime !
Finalmente un po’ di congiunture astrali si sono allineate lasciando uno spiraglio per il primo puccio del 2008.
La forma fisica non è un granchè, ma il morale è alle stelle, sono ottimista: manco ho provato la stagna.
Solito giro di telefonate, e-mail, msn x raccattare gli amichetti P.I.R.L.A., un po’ allo sbando e dediti alle ripetitive solo con le gambe sotto al tavolo, oramai. Oltre a Cicciuzz, compagno di 1000 avventure sopra e sotto i mari, alla spedizione si aggiunge solo Kris : pochi ma buoni !
Tutti gli altri sono out con fantasiose scuse : trasferimenti , fidanzamenti, lavoro…
In configurazione stile Famiglia Brambilla in vacanza, partiamo alla volta del diving, dove giungiamo con un largo anticipo, in modo da far tutto con calma e poter in caso arginare la Pikkola Oloturia a cui piace causare simpatici imprevisti last minute .
Il mare è una tavola, in cielo nemmeno una nuvola, il sole è caldo e la spiaggia di Torvajanica è deserta…praticamente un sogno! Dopo i saluti di rito con Iaio & Family e varie facce note, preparo l’attrezzatura : un piccolo piacere ritrovato. Finalmente potrò testare il gav dopo le riparazioni effettuate dalla Free Shark: pietosamente hanno ricomposto le spoglie del mio Amatissimo, hanno cambiato il sacco sbrindellato, scrostato il vis che oramai era diventato automatico. Mossi a pietà, già che c’erano, hanno ricucito tasche, cambiato velcri, sostituito ganci…un vero lusso.
Il piacere di ritrovare le mie cose non viene scalfito dalla sorpresa di trovare l’Aladin in modalità “Mò te mollo”, con i numeri sul display semi-sbiaditi nonostante la riparazione di alcuni mesi prima: l’ormone “buono” della gravidanza deve essere ancora in circolo perché non affiora nemmeno un maporcaputt .
Intravedo 3 cifre nello spazio dedicato al manometro …ok, la bombola è carica. Infilo il sottomuta ( beh, quello lo avrei anche potuto provare a casa, mi sta un po’ strettino in certi punti ) e la stagna a metà e, mentre i miei buddies finiscono di prepararsi, mi occupo della Pikkola Oloturia con un acrobatico cambio di pannolino tra bombole e compressori e stordendola con un abbondante pasto, in modo che rimanga in coma x le prossime 2 ore tra le braccia della nonna.
E’ tutto pronto, si parte ! Scendiamo in spiaggia, carichiamo le ultime cose sul gommone , autoscatto P.I.R.L.A. di rito e viaaaa ! Durante la navigazione verso le Secche di Tor Paterno, l’aria calda mi sferza il viso : mi viene da pensare che dopo tanti mesi, è la prima volta che sono sola, ma proprio SOLA…non so se il pensiero mi rende più felice o più preoccupata, è semplicemente strano, la macchina del tempo sembra abbia fatto un salto indietro di 9 mesi.
Arrivati alla boa 1, i primi gruppi scendono, noi 3 saremo gli ultimi, accompagnati da una guida. La visibilità pare pessima, e definiamo gli ultimi dettagli : sarà un puccio leggero, data la stanchezza accumulata nell’ultimo mese, le ore piccole, la forma non al 100%. Decidiamo per un 20 minuti di fondo , dato che l’immersione è una quadra, in modo anche da risalire a bordo per primi ed evitare l’affollamento del rientro. Ci avviciniamo alla boa, c’è corrente : un ok e scendiamo lungo la catena. L’acqua mi avvolge in un abbraccio, la sento penetrare nei guanti, nel cappuccio…mi abbandono. Incontro 2 occhi : dentro ci leggo di tutto.
Un brivido mi corre lungo la schiena e non è l’acqua. E’ bello essere di nuovo qui, con te.
La corrente è intensa, la visibilità sul fondo è una vera ciofeca, con un rapido consulto, decidiamo di rimanere a razzolare in prossimità della boa: inutile allontanarsi alla ricerca delle famose cernie, invisibili in questo nebbione e rischiare di risalire lontani dal gommone che deve aspettare gli altri gruppetti e farsi un c. così per la corrente. Iniziamo a ravanare tra buchi e buchetti in 10 mq; Kris mi mostra tutta orgogliosa una Thuridilla hopei … a me, The Queen of Sea Slugs ??? Ok, raccolgo la sfida e rispondo con una Flabellina affinis e una Cratena peregrina. Ma solo per un attimo; preferisco alienarmi e godermi le sensazioni fisiche e mentali che mi sta offrendo questo puccio, nonostante ogni tanto si intravedano diversi bei saraghi “ da porzione”, come li definisce il mio babbo . Ho anche azzeccato la pesata perfetta: penso con orrore che non mi sono mai immersa con 8 kg, nemmeno in Mar Rosso e nemmeno da Open con quelle tristissime mute 5+5 che ti rifilano i diving…sospiro e mi consolo col pensiero che comunque sono in stagna ( ometto il piccolo particolare che generalmente in stagna ne uso esattamente la metà ). Uno sguardo circolare : Kris e Cicciuzz e la guida sono tutti intenti nella ricerca di qualche tesserino microscopico, avvolti nella sospensione, i fasci delle torce creano degli effetti suggestivi.
Controllo il computer : il tempo è volato. Ancora un pochino, dai, oggi è un giorno speciale… Comunichiamo alla guida che stiamo x terminare l’immersione e che torniamo alla catena x risalire. Ci risponde con un ok e parte a razzo in tutt’altra direzione, inghiottito dal nulla dopo una pinnata. Ci guardiamo basiti e Kris a gesti ci chiede “Ma dove c. va ?”…Le nostre risposte sono inequivocabili . Ci avviciniamo alla catena e iniziamo la lenta risalita, sticazzi! Dopo un bel po’, a quota 5 metri, vediamo ricomparire, trasportato dalla corrente e appeso al suo pallone, la nostra guida. Appena ci vede, ci chiede dove siamo stati !
NOI !
Ci pippiamo una lunga sosta conservativa, + per il piacere di cazzeggiare sott’acqua che non per reale necessità. Ripenso all’immersione : faceva veramente cagare, ma io sono un’inguaribile romantica e oggi mi sarei accontentata anche di una pozzanghera. Alla fine l’Aladin segna un tempo totale di 42 minuti, non male come primo puccio. In superficie ci attende una sorpresa: sono già tutti sul gommone…siamo gli ultimi ! Dai racconti, apprendiamo che appena sono scesi, gli altri gruppi si sono persi subito e quindi sono risaliti in ordine sparso e casuale dopo pochi minuti, che Tizio ha perso la zavorra, che Caio ha finito l’aria…
Eh, sì: bentornata in acqua, Ella!

Pomeridiana allo Scoglio del Corallo

Argentario - Scoglio del Corallo - 10 novembre 2007

Dopo una meravigliosa immersione sulla Secca di Mezzocanale ed un paio di ore di intervallo di superficie, la barca si ancora in prossimità dello Scoglio del Corallo.
Andrea, una delle guide di Argentario Divers, si offre per accompagnarci alla scoperta di questo nuovo sito, dato che nessuno del gruppo lo conosce : dopo un accurato briefing, effettuiamo gli ultimi preparativi e controlli e ci tuffiamo.
Il mare è forza olio come la mattina, il sole si sta abbassando all’orizzonte, d’altronde…siamo a Novembre inoltrato!
Seguiamo la catena dell’ancora fino a raggiungere un pianoro roccioso ad una decina di metri di profondità.
Qui ci sparpagliamo subito individuando e fotografando diverse murene in libertà, un polpo, qualche nudibranco. Andrea, pazientemente, ci aspetta ma poi ci fa segno che il bello dell’immersione non è certo lì.
Ok, dai, proseguiamo, cazzeggeremo sul pianoro a fine immersione.
La visibilità non è certo quella di Mezzocanale, però ci accontentiamo di questi 10 metri circa.
Pinneggiamo verso la fine del pianoro e ci lanciamo a mò di paracadutistii nel vuoto.
In caduta libera individuiamo il grande arco descritto nel briefing.
Io & Cicciuzz siamo stranamente i primi dopo la guida ; ci giriamo verso gli altri, e l’effetto delle torce nel buio dell’arcone è spettacolare.
Il Capitano mi chiama : mi rigiro verso la parete e il fascio della torcia casualmente passa su una protuberanza dall’aspetto familiare.
Col cuore in gola mi avvicino : sììììììììììììììììììììì, è luiiiiiiiiii!!!!!
Umbraculum !!!! Inizio a dimenarmi come un’ossessa per richiamare il buddy, video-munito.
Poco più in basso, alla base della parete, un grande e sinuoso nastro bianco deposto in spire concentriche : le uova!
Ma che c* !
L'umbraculum è bello grande, sarà almeno una ventina di centimetri, e in posizione ottimale per essere fotografato, peccato l’ambiente veramente molto buio.
Chiamo gli altri, sparaflashando come da manuale la torcia negli occhi, sperando in reazioni inconsulte come le mie…macchè! Arrivano, danno un’occhiata distratta a questo “budino” e se ne vanno….ma …ma…ma come ????
Il più grande nudibranco del Mediterraneo snobbato così ?
Vabbè, ci penso io a dargli l’attenzione che si merita!
Inizio a scattare macro compulsivamente, con tutte le opzioni e varianti possibili mentre il Cicciuzz lo riprende.
Credo che rimarrò tutta l’immersione ad ammirare quest’esserino bruzzoloso con la sua “patella” in testa e quando più mi ricapita di averlo su un piatto d’argento di questo tipo ?
Bip bip bip ….chi è che suona ? ‘Azz…deco ???? Di già ??? Uff…in effetti 29 metri non sono pochi per starsene comodamente a fotografare…
Sento una minacciosa presenza alle spalle, mi giro : è Andrea che, sconsolato, è venuto a recuperarci….poraccio, ci siamo scordati di dirgli che siamo ampiamente… “perdibili”!
Ok, diamogli un po’ di soddisfazione, seguiamolo.
Ci mostra un piccolo passaggio nella roccia, mi infilo : è la grotta di cui si parlava nel briefing.
Appena dentro, quasi mi scontro con degli esseri tutti neri neri che arrivano dalla mia destra…sono loro…i “tecniconi” capitanati da Simone, che sento distintamente urlare nell’erogatore “Cicciuzzzzzz!!!!!” .
Vedo il suo sguardo atterrito mentre gli passiamo davanti….tranquillo, non solleveremo nemmeno un granello di sabbia!
Proseguiamo nel tunnel, l’acqua è molto limpida all’interno e permette di ammirare tutti i colori e tutte le forme di vita di cui è concrezionata la volta.
All’uscita ci dirigiamo verso destra, entriamo in una sorta di grande canyon contornato da alte pareti.
Quella di sinistra è ricchissima di vita : grandi ventagli di gorgonie rosse e rametti di corallo con i bianchi polipi espansi ad accogliere una leggera correntina. Negli anfratti, una piccola aragosta, un paio di murene.
Come sempre siamo rimasti soli….troppo bradipi per chiunque !
Il computer, penalizzato anche dalla profonda immersione precedente, ci sta castigando…risaliamo lentamente, sorvoliamo il canyon e ci dirigiamo verso il cappello dello scoglio, che emerge appena dalla superficie. Facciamo a tempo ad intravedere la sagoma di un barracuda che sgattaiola dietro il roccione.
Nugoli di salpe, occhiate, saraghi ci danno il benvenuto.
Decidiamo di rimanere a goderci il particolare effetto dei raggi di sole che filtrano da dietro lo scoglio ed effettuare la deco lì , invece che alla catena dell’ancora, nella segreta speranza che il barracuda torni.
I “tecniconi” ci raggiungono e tutti insieme fluttuiamo a 5 metri , ognuno assorbito nei propri pensieri. Ripercorro mentalmente il tragitto effettuato, gli incontri, i colori , le sensazioni, mi perdo a rivivere le numerose emozioni vissute.
E’ tempo di risalire. Riaffioriamo a pochi metri dalla sommità dello scoglio, che ritmicamente viene scoperto e ricoperto dall’acqua di un particolare color acciaio dalle mille sfumature.
Il sole è oramai basso all’orizzzonte, il cielo striato da qualche nuvola si sta preparando ad un tramonto infuocato, rallegrato dai tuffi e capriole di un branco di stenelle.
Senza parole, navighiamo verso casa.

Mezzocanale : una secca “da paura”

Argentario - Secca di Mezzocanale - 10 Novembre 2007

Da tempo immemore si parlava della famosa Secca di Mezzocanale, si chiedevano sottobanco informazioni sull’immersione, si vociferava delle meraviglie presenti, si confrontavano dati su profondità, si mormorava di correnti-fiume, si ascoltavano i racconti avventurosi di chi c’era stato , si scherzava sulle leggende-metropolitane che aleggiano sul sito..
Curiosi come le scimmie, aderiamo in massa ad una spedizione organizzata per il 10 Novembre. Poi, purtroppo, molte cancellazioni last minute fanno traballare i nostri piani.
Nonostante questo, le previsioni meteo avverse e le gufate di amici e non , decido ( mooolto democraticamente, come sempre ) che Mezzocanale s’ha da fare lo stesso, assolutamente! Riorganizzo al volo la giornata, affidandomi come al solito a Stefania & Simone di Argentario Divers che, oltre ad essere dei veri professionisti della subacquea, sono anche dei cari Amici.
Il gruppo P.I.R.L.A. al completo (+ special guest Calimero, alias il mitico Alberto da Milano di ponziana memoria) parte all’avventura, salendo con tutte le variopinte cianfrusaglie ricreazionali su Abracadabra, la nuova enorme barca del diving, progettata appositamente per le immersioni.
Assieme a noi prende parte alla spedizione anche un nutrito gruppo di subacquei tecnici, con i loro bibo, le decompressive e gli scooter .
Fortunatamente c’è tanto spazio e la giornata sarà all’insegna del massimo comfort per tutti.
Il cielo è azzurro intenso, sole caldo, mare forza olio…le prese per il c* alle catastrofiche previsioni di M. diventano il leit motiv della giornata .
Giunti sulla secca e dopo aver controllato di persona l’ancoraggio, Simone ci dice che le condizioni sono ideali! La visibilità è buona e la corrente è completamente assente. Briefing, ultimi preparativi e via…finalmente ci siamo.
Astutamente , decidiamo che il gruppo ricreazionale ( detto anche “ricreativi dde m*” da una "simpatica" citazione ) salterà per primo, in modo da poter razziare tutti gli stuzzichini del dopo-immersione, prima del rientro dei tecniconi hi hi hi. Raggiungiamo la catena dell’ancora e, a coppie, scendiamo sulla secca.
La visibilità è davvero buona, non abbiamo ancora raggiunto il cappello a -26 che si vede già quello che ci aspetta. Lo scenario è mozzafiato : un tripudio di gorgonie rosse e gialle con tutti i polipi espansi, una musdea enorme che, tranquilla, fa capolino tra un ventaglio e l’altro. Io & Cicciuzz, seguendo il consiglio di Simone, effettueremo l’immersione sul versante più ricca del “crinale”.
Scorfani, musdee, saraghi, murene e cerniotte ci accompagneranno in tutto il nostro cammino. Nel blu, tonnetti di discrete dimensioni vanno e vengono facendo razzia di pescetti. Mentre il Cicciuzz riprende una musdea fuori tana, scendo un po’ di più a curiosare, ma l’area più soddisfacente in termini di foto & video, rimane quella tra i 35 ed i 45 metri, più ricca di vita e colori. Arrivati in fondo al nostro versante, facciamo capolino sull’altro : è molto meno ricco, segno evidente che la corrente dominante spazza il crinale dall’altra parte. Torniamo dunque sui nostri passi, intenzionati a godere di questo spettacolo il più a lungo possibile. Visti i bassi consumi, decidiamo di esplorare anche la zona più a sud della secca, nonostante minuti di deco inizino a farsi consistenti. Cedo la macchina fotografica al buddy e prendo in consegna la videocamera . Vedere esplodere il colore di tutte queste gorgonie sotto la luce dei faretti che stiamo testando, è un vero piacere. In effetti ne è valsa la pena : una grande murena fuori tana, si ferma e si lascia ammirare : sinuosamente riprende il suo serpeggiare per poi schizzare al riparo sentendosi tallonata da vicino.
Ritorniamo all’ancora. Il computer segna 18 minuti di deco .
A 5 metri vedo gli altri che stanno già effettuando la sosta. Lentamente risaliamo anche noi. Un’ultima occhiata a questo posto incredibile, so che ci torneremo presto, ma le emozioni di questa “prima volta” rimarranno indelebili. Raggiungiamo il gruppo, un po’ di riprese, trenini & cazzeggiamenti vari per rendere l’attesa meno noiosa, poi io & Cicciuzz rimaniamo da soli. Guardiamo il manometro e silenziosamente i nostri occhi dicono la stessa cosa… “Potevamo fermarci ancora un po’!!!!!”
Pian piano delle strane figure emergono dall’oscurità degli abissi….mi ricorda molto l’avvistamento degli squali martello in branco…dei puntini indefiniti, più chiari….l’immagine si fa più definita, si distinguono i bibo bianchi.
I sub tecnici ci raggiungono.
Il Cicciuzz, tutto giallo sgargiante nella sua livrea ricreazionale P.I.R.L.A. è un pugno in un occhio nel gruppetto tutto nero. Riprendo questo esilarante contrasto che farebbe inorridire qualche purista e mi perdo in una lunga considerazione etico-filosofica sulle diverse concezioni della subacquea. Dopo 61 minuti, il sole ci accoglie nel suo caldo abbraccio ; un po’ di rimorso per i 130 bar rimasti in bombola ma tanta soddisfazione per averla finalmente espugnata, la mitica Secca di Mezzocanale!
p.s. : la descrizione della seconda immersione e del rientro attorniati da un branco di delfini è stata tralasciata volutamente...non si può rosicare troppo!

Oops, I did it again!

Argentario - Scoglio Sommerso - 1° Novembre 2007

Primo giorno di novembre, festa.
Invece di approfittarne per dormire fino a tarda mattinata, eccoci già in viaggio dalle prime luci del mattino. Destinazione Argentario.
La premiata e stakanovista ditta Ella & Cicciuzz macina chilometri di strada completamente deserta, sotto un cielo plumbeo, la macchina carica di attrezzatura.
In lontananza, verso il mare, uno scampolo di azzurro fa timidamente capolino.
Attraversiamo una Porto Ercole vuota e sonnolenta e ci dirigiamo al porto. Da lontano, attraccata alla banchina, la barca è facilmente riconoscibile: è la più grande e la più nuova di tutte! Finalmente , dopo averne tanto sentito parlare, ecco Abracadabra! Beh, il colpo d’occhio è ottimo. E’ enorme, comoda e studiata apposta per ospitare i sub.
Il programma prevede un paio di immersioni sottocosta: sono molto curiosa perché, come conosco bene Giannutri, conosco invece pochissimo il promontorio dell’Argentario.
Dopo pochi minuti di navigazione, ci fermiamo a Punta Finestra: una alta e scenografica scogliera a picco ci domina dall’alto. In cima, un’apertura ( la cosiddetta “finestra” che da il nome al luogo ) mostra un cielo via via più sereno. Qualche raggio di sole inizia a filtrare e riscaldare la mattina, il mare è piatto, nonostante le pessime previsioni meteo che hano scoraggiato i più. Un lungo intervallo di superficie dopo la prima immersione sulla parete in corrispondenza della Punta, poi decidiamo di visitare la Secca poco distante, chiamata Scoglio Sommerso.
Il nome del sito e l’accurato briefing di Stefania accendono la mia immaginazione e curiosità. Ultimi preparativi all’attrezzatura foto & video, un ok con il buddy e sono pronta a smaterializzarmi nel mio elemento. A pochi metri dalla superficie, scorgiamo il cappello della secca : la visibilità è buona e si riesce ad intravedere il fondo sabbioso, una ventina di metri più sotto. Scendiamo rapidi , tenendo la parete di questa isola sommersa sulla destra : la parte iniziale è un po’ brulla e spoglia, attendiamo ansiosamente di vedere quello che Stefania ci ha fatto pregustare illustrandoci il luogo. Il fondo di sabbia chiara mi colpisce molto : una serie di onde precise tracciate dalla forza della natura mi ipnotizzano, facendomi snobbare diverse murene e un branco di salpe. Scatto qualche foto in bianco e nero. La parete si fa più ripida ed un’esplosione di colori si accende sotto il fascio della torcia ; la moltitudine di gorgonie gialle incontrate fino a lì lascia il posto a folti rami di paramuricea la ricoprono in tutta la sua estensione. Tra un ventaglio e l’altro, diverse murene in libertà serpeggiano tranquille : che sia il periodo degli amori ? Lentissimi come sempre, siamo oramai soli e ci godiamo questo spettacolo senza fretta. Sorvoliamo alcuni massi, in corrispondenza di una rientranza della parete, e cerchiamo la fenditura che Stefania ci ha indicato nel briefing : la torcia si sofferma su ciò che cercavamo. Rametti di corallo rosso con i polipi candidi completamente espansi, fanno bella mostra di sé nell’oscurità di una spaccatura della roccia. Con la coda dell’occhio, noto un guizzo della nuvola di castagnole che ci sovrasta, qualche metro più su. Ahi ahi, gatta ci cova. Scruto attentamente il comportamento dei pesci, ma sono tornati impassibili. Faccio un cenno al Cicciuzz che ancora sta riprendendo il corallo: “seguimi, saliamo sul pianoro che sovrasta la parete”. Lentamente ci solleviamo di qualche metro e facciamo capolino sorprendendo un barracuda che schizza via come un fulmine. In lontananza un movimento indistinto si perde nella sospensione. Uhm….Sento la trasformazione compiersi…cerco di resistere…no, impossibile, devo farlo. Guardo il mio buddy con una strana luce negli occhi….con la mano gli faccio il gesto alla "Matrix".
L’istinto mi guida….pinneggiamo lenti su una spaccatura del fondale ricoperta di sabbia, alla nostra sinistra il pianoro prosegue e si estende verso il largo come una lingua. Un paio di cerniotte sgusciano via guardinghe. Invece che seguire l’andamento della secca, facciamo un giro largo verso il blu, so che sono lì, li sento , non so come ma li sento…li conosco, si sono sicuramente riuniti ed attendono pazienti protetti da una distanza di rispetto.
ECCOLI!
Una decina di barracuda di circa un metro, viaggiano compatti nel blu, la secca è lontana.
Inizio un blando inseguimento, dietro di me sento le bolle del Cicciuzz che starà sicuramente impostando la videocamera. Devo dargli un po’ di tempo.
Centinaia di immersioni insieme hanno affinato il nostro sistema di coppia, non serve nemmeno guardarci : so che lui conosce le mie intenzioni, forse già dall’avvistamento del barracuda solitario. Senza voltarmi, inizio a dargli delle indicazioni su dove cercherò di portargli il branco. Gli occhi sono fissi sui barracuda, la mia stima è precisa, sono grandicelli.
Mentalmente penso a quali possono essere le migliori condizioni di luce per una ripresa decente e imposto le mia traiettoria in base a questo. Tra me e me sorrido mentre con le braccia segnalo al buddy i cambiamenti di direzione come l’omino dell’aeroporto. Ok, tutti gli attori sono al loro posto, via! E’ più forte di me…un bel respiro e scatto, il predatore è prevalso. La mente galoppa indietro nei mesi, ad una situazione analoga nei mari di Ustica, allo Scoglio del Medico.
Canticchio: “Oops, I Did it again!” (Britney Spears, sigh!) e ridacchio nell’erogatore.
Questa volta però l’acqua non è così limpida e calda, la muta stagna non è così idrodinamica e non ho le mie mitiche pinne fucsia che rispondono con precisione millimetrica. Parto all’inseguimento, scarto, mi avvicino, li raggruppo e li costringo a passare tra la parete e il Cicciuzz, a favore di videocamera. Una faticaccia immane, rallento, mi volto verso il buddy che mi fa segno che col grandangolo non è venuta praticamente ‘na mazza. Argh!
Vabbè, sarà per un’altra volta, è stato divertente lo stesso; rassicuro il buddy mostrandogli pollici e indici a formare due grosse “C”…ridiamo. Ci fermiamo un po’ sul pianoro, devo riprendere fiato, pinneggiamo lentamente risalendo un po’ di quota : grossi ricci melone attirano la nostra attenzione, altre murene, uno scenografico spirografo ondeggia nella risacca . I minuti di deco accumulati scorrono e svaniscono rapidamente : è tempo di risalire, siamo gli ultimi, come al solito.
Un ultimo sguardo malinconico ma soddisfatto allo Scoglio Sommerso…a bordo un luculliano pranzetto ci attende !

CBS su Progetto Abissi 2007

PONZA, Italy, Sept. 22, 2007

Two Weeks Under The Italian Sea
Six "Aquanauts" Set A Record For Living Underwater


Six Italians break the record for human underwater living, and inspire debate over whether man can live under the sea. Allen Pizzey reports.

(CBS) For the last two weeks, a picture postcard bay on the Italian island of Ponza was a cauldron.
CBS News correspondent Allen Pizzey reports this is why: Three men and three women have just spent two weeks living in pods 30 feet under the Tyrrhenian Sea.
They set a record for undersea habitation, but it was more than a stunt."It's an unusual possibility to perform medical examinations," says Annamaria D'Amore, the project's head doctor.A team of twenty doctors monitored the divers 24 hours a day urine, heart rates, cognitive and psychological changes, even their breath to assess the effects of prolonged immersion.But science aside, pretty much everyone here cheerfully admits being inspired by the Jules Verne classic "Twenty Thousand Leagues Under the Sea.""See how peaceful it is here," Captain Nemo says aboard the Nautilus. "The sea is everything, an immense reservoir of nature where I can roam at will."Well "at will" is still in the realm of fantasy.One advantage to living in the house under the sea is that you don't get unexpected visitors because this address gives a whole new meaning to dropping in for a quick visit.The four diving bells - three for living and one "common room" - were anchored with more than 100 tons of ballast. Almost nine miles of cables and hoses held the bells in place and supplied air and solar-generated power.The obvious question is why would anyone volunteer to live here."You know over this experience there is, I think, nothing," says film technician Isabella Moreschi. "You know its like to go on the moon so its very ... unique." Swimming coach Luca Giordani's reason: "Because I like the sea and downside is very, very wonderful."It took the divers three months to learn how to cope with the equipment needed for survival.And being Italians that, of course, includes the phone.The six divers spent 70 percent of their waking hours in the water, just about enough time to master underwater billiards. What scientific value will come from the $1.4 million project is an open question. But one of the 95-strong support team, who splashed out $140,000 of his own money, summed up his reward this way."This is a dreams, this is a dreams," says Pierfranco Bozzi. "For me and also for all the people."Captain Nemo's dream lives on off the coast of Italy. © MMVII, CBS Interactive Inc. All Rights Reserved.

giovedì 14 ottobre 2010

Un pomeriggio emozionante allo Scoglio del Medico – Ustica

Ustica - Scoglio del Medico – Luglio 2007

Seconda immersione della giornata.
Partiamo dal porto in un caldo pomeriggio di Luglio, il mare è piatto, il sole splendente nel cielo azzurro.
Per il giorno dopo si preannuncia maestrale : ne approfittiamo per tornare allo Scoglio del Medico a fare delle riprese prima che le condizioni del mare cambino impedendo le immersioni su quel versante dell’isola.
Mentre la barca pigramente naviga verso il sito di immersione e gli altri sub "cazzeggiano" allegramente sul flying bridge, io ( per l'occasione ..."modella" ) Cicciuzz e Flaminia ( videoperatrice ) ci concediamo un breve briefing .
Il posto oramai lo conosciamo bene e l’immersione sarà mirata : ci vestiremo subito e, non appena la barca ancorerà, saremo i primi ad entrare in acqua dirigendoci subito alla ricerca del branco di barracuda.
Dopodiché, se l’aria lo consentirà, faremo qualche passaggio nella grotta.
Detto fatto, scivoliamo velocemente in acqua e, mantenendoci alti, raggiungiamo il luogo dove il branco è stanziale.
La visibilità è ottima, l’acqua è calda, la luce perfetta ma del branco nemmeno l’ombra.
Scrutiamo nel blu, ma non scorgiamo nulla.
Un guizzo sulla sinistra, sul "piramidone" roccioso, richiama la mia attenzione.
E’ un barracuda a caccia. Anzi, sono due! Li conosco bene….e decido di tendergli un tranello.
Mi avvicino decisa e un po’ aggressiva e loro schizzano verso il blu, ovviamente a ricercare la sicurezza del branco…. Eh eh eh ! Sgamati !
Un’ombra lontana conferma la mia intuizione.
Con Flaminia non c’è nemmeno bisogno di darci un cenno di intesa, troppe immersioni insieme . Come due abili predatori, applichiamo la nostra tattica di caccia.
Prendiamo due direzioni opposte e ben lontane da dove la macchia scura compie silenziosi cerchi concentrici nel blu. Il Cicciuzz rimane in disparte, a godersi lo spettacolo che di lì a breve avrà luogo. La mia pinneggiata sembra calma, noncurante, punto verso il largo tenendomi ben lontana dal branco con fare indifferente; in realtà il mio corpo si sta preparando all’agguato, sento l’adrenalina scorrere mentre con la coda dell’occhio controllo la posizione di Flaminia e la sua distanza dal branco.
E’ ora…l’allineamento è ottimale.
Improvvisamente scarto, cambio direzione e inizio a dare vigorose pinneggiate. Flaminia, dall’altra parte, fa lo stesso. L’accerchiamento è perfetto. Il branco è colto di sorpresa.
Sono vicinissima, vedo centinaia di occhi che mi studiano, indecisi sulle mie intenzioni.
Per un po’ il branco mantiene il cerchio, poi si sfalda in una lunga scia compatta.
I barracuda iniziano a scorrere come un fiume d’argento tra me e la telecamera.
Pinneggio insieme a loro, il mio cuore va a mille : c’è un po’ di corrente e, mentre loro scivolano via senza sforzo alcuno, io sono costretta in una pinneggiata che non mi è usuale e a fare meno bolle possibile per esigenze di ripresa.Sento i polmoni bruciare per lo sforzo : faccio finta di nulla, l’occasione di una ripresa così non si ripeterà….azzittisco prepotentemente i segnali del mio corpo ed imperterrita continuo, barracuda tra i barracuda, gambe dritte mi raccomando, niente pinneggiata “sharmese”, torcia di sbieco, cerco di dirigere il branco sempre a favore di luce. Finalmente Flaminia mi fa un cenno : Ok, basta così.
Meno male, lo sforzo è stato notevole e prolungato, non avrei resistito molto.
Ci siamo allontanate parecchio, siamo completamente nel blu: il Cicciuzz è solo una flebile “sbollata” in lontananza.
Piano piano ci dirigiamo verso gli scogli, per proseguire l'immersione nella grotta.
Riprendo la mia pinneggiata solita, fiuuuu, riprendo fiato. Il cuore mi martella nelle orecchie, i polmoni bruciano.
La soddisfazione però è tanta, le riprese sono venute bene, lo vedo in anteprima negli occhi soddisfatti di Flaminia. E’ stato divertente .
Raggiungiamo il Cicciuzz, tutto contento di essersi goduto lo spettacolo senza sforzo alcuno ed averne anche approfittato per fare degli scatti niente male con la macchina fotografica. Costeggiamo un “piramidone di roccia” : nella mente mi si riaffaccia il ricordo di Shark Reef di pomeriggio, con la stessa luce , la stessa visibilità, la stessa adrenalina alla ricerca dei barracuda o di qualcosa di più, chissà ! Non faccio a tempo a finire di formulare questo pensiero che ci “scontriamo” con un gruppo di ricciole che sbucano all’improvviso da dietro l’angolo.
Sono una trentina, non grosse come le 3 viste il giorno precedente nello stesso punto, ma degne di nota anch’esse. Eleganti ci sfiorano, lo sguardo furbo annegato nella “mascherina” scura che hanno sul muso.
Non guardo nemmeno Flaminia. So che è già partita.
Sbuffando racimolo le ultime energie e riparto anch’io : lei di là, io di qua, accerchiamento, pinneggiata “normale”, torcia di sbieco, poche bolle ed il gioco si ripete: per oggi l’atavico istinto del predatore non è ancora sopito.


mercoledì 13 ottobre 2010

La notturna sulla U.S.A.T. Liberty



Indonesia, Bali, Tulamben - Maggio 2007

Io & Cicciuzz, muta addosso, pinne e maschera sottobraccio, seguiamo la nostra guida attraverso il sentierino che porta alla spiaggia, snodandosi tra palme e cespugli.
Non abbiamo ancora bisogno della torcia, riusciamo a intravedere il percorso, l’oscurità non è ancora totale.
La portatrice è avanti a noi, le nostre 2 bombole in testa, rapida sparisce tra la vegetazione : ce le farà trovare direttamente al punto di ingresso dell’immersione.
Arriviamo in spiaggia, faticando un po’ a camminare sui ciottoli vulcanici, neri come la pece. Finiamo di prepararci, indossiamo le attrezzature, accendiamo le torce.
L’ultimo barlume di luce è sparito dietro le palme.
Due passi e siamo in acqua. Il mare è calmo, la spiaggia è deserta, come poche ore prima d'altronde. L’aspettativa per questo tuffo è alta.
L’immersione della mattina sul relitto della Liberty è stata a dir poco eclatante.
Un ok alla guida, un ok al buddy, pssssss sgonfio il gav ; come sempre all’inizio di ogni immersione chiudo gli occhi, divento goccia tra le gocce,mi godo la sensazione avvolgente dell’acqua nera che mi risucchia e si chiude sopra di me.
Iniziamo la navigazione verso ciò che resta della nave.
Una razza a macchie blu sfreccia veloce, radente al fondo.
Il pensiero va alle immagini del mattino: con la luce avevo ammirato i ciottoli levigati neri e grigi, il loro effetto elegante in contrasto con il blu intenso dell’acqua ; l’incontro con il branco di carangidi, centinaia di esemplari argentati in circolo sopra il pendio, io che mi ci tuffo in mezzo ….dove saranno adesso ?
Il fascio delle nostre luci incontra le prime strutture della nave : macchie di colore esplodono nell’oscurità. Alcionari, crinoidi di tutti i colori, gorgonie, coralli di ogni forma si affollano sulle lamiere.
Ci infiliamo in un buco ed arriviamo alla base della poppa.
Stamattina qui abbiamo incontrato un enorme pappagallo “rinoceronte” (Bolbometopon muricatum ): era la prima volta che ne incontravo uno. Pare siano molto timidi e difficili da approcciare: questo invece era tranquillo e si è lasciato avvicinare e fotografare anche se la mole incuteva comunque rispetto.
Ricordandomi di ciò che avevo visto la mattina, punto la torcia sopra la mia testa, sulla poppa : c’è di tutto e di più, con la sorpresa di vedere le stelle marine Astroglymma sculptum completamente aperte, la loro delicata trina ad accogliere il nutrimento portato dalla corrente. Un movimento brusco richiama la mia attenzione, qualcosa scivola nell’ombra; sposto la torcia fino ad incontrare una cernia enorme che cerca riparo sotto ciò che resta del pennone.
La guida mi chiama per mostrarmi un nudibranco : lo ammiro e poi lascio spazio al Cicciuzz, munito di macchina fotografica. Con la guida mi metto a “spulciare” delicatamente un crinoide alla ricerca del gamberetto pulitore Periclimenes amboinensis che vive in simbiosi : eccolo. Passiamo ad una spugna a barile, la setacciamo con le nostre luci, fino ad individuare il piccolo granchietto peloso che ci vive dentro. Questo animaletto color fuxia (Lauriea siagiani ) è stato scoperto proprio qui a Bali, pochi anni fa, da una esperta guida locale.
Mi soffermo ad osservarlo, fino a quando sento il richiamo della guida.
Un paio di pinneggiate veloci, sono troppo curiosa di vedere cosa ha scovato! Il mio sguardo scorre su tutto il ben di Dio che vive su questo relitto…è veramente troppa roba.
La mattina sono rimasta sconcertata nel vedere la ricchezza di vita che ricopre queste lamiere, rendendo difficile a volte riconoscere ciò che sta sotto, ma di notte è ancora più affascinante.
La torcia si ferma su qualcosa illuminato dalla guida : mi avvicino ancora di più. Una ballerina spagnola (Hexabranchus sanguineus ) ! Bella ! Grande! Come è diversa da quelle rosse brillanti del Mar Rosso. E’ rosa, contornata di un bianco opaco che sfuma nel giallastro.
Il Cicciuzz fa in tempo a raggiungerci e vederla prendere il volo, infastidita dal nostro interesse. Con movenze sinuose e sensuali si stacca dal relitto ed inizia la sua danza verso l’alto, accompagnata dal fascio delle nostre torce e dai nostri sguardi rapiti da questo spettacolo affascinante.
L’atmosfera è irreale, l’acqua sembra non esistere, la ballerina danza fino ad uscire di scena nell’oscurità più completa.
Continuiamo a frugare ed indagare la Liberty alla ricerca di nuove sorprese.
Sorprendo un enorme pesce palla in un buco. Mi ci infilo decisa, lo illumino piano, per non spaventarlo. E’ tranquillo, sonnacchioso; un gamberetto trasparente lo sta pulendo e sgambetta avanti e indietro sulla sua testa. Che scena!
Con agilità mi giro ed aiutandomi col respiro ed un abile microscopico colpetto di pinna , riconquisto l’uscita.
Stasera mi sento proprio pesce. Godo di questa sensazione.
Le emozioni non sono finite. Il relitto riserva ancora sorprese.
Non faccio tempo ad uscire dal buco che la mia torcia incontra uno sguardo rincoglionito dal sonno. Due occhi grandi così che mi fanno sobbalzare : è un pappagallo “rinoceronte” che dorme appoggiato in una nicchia. Chissà se è quello di stamattina ? Guardo la pinna caudale : no, non è lui, quello di stamattina aveva un morso ben evidente all'attaccatura della coda. Con un urletto richiamo l’attenzione del Cicciuzz, che si avvicina ( ma non troppo ! ) per qualche scatto.
Calibro i miei polmoni e senza nessun movimento del corpo mi sposto leggermente sopra di lui, in modo da illuminare dall’alto il pesce e permettere la messa a fuoco della macchina fotografica.
Mi sento bene. Sono in forma. Sono felice. Mi piace quando mi sento così, quando perfettamente immobile riesco a muovermi e spostarmi nelle tre dimensioni consentitemi quaggiù con una minima variazione dell’aria contenuta nei miei polmoni o con un impercettibile movimento dei miei muscoli. Bello!
Nello spostarmi mi sento osservata : alzo un po’ la luce ed illumino un altro pappagallo : enorme ! Non è appoggiato, è in assetto, bocca aperta, respira piano un po’ rincoglionito.
Il becco è semplicemente mostruoso,credo che potrebbe tranquillamente tranciarmi una mano, mai vista una cosa del genere. Anche il Cicciuzz che gli sta facendo un video non si fida ad avvicinarsi più di tanto, è meglio non mettere in difficoltà l’animale che già si trova spalle al muro e senza via di fuga. Non si sa mai che reazioni potrebbe avere.
Ci soffermiamo a lungo a guardare questa strana coppia, anche se credo che loro abbiano fatto lo stesso !
Proseguendo incontriamo ancora una ballerina spagnola, altri nudibranchi, granchi, scorfani, gamberi, lion fish in caccia, sorprendiamo pesci angelo e farfalla nel sonno, seguiti sempre da vicino dal cernione, che sfila via nell’oscurità e forse sfrutta le nostre luci per cacciare, chissà. Guardo il computer e mi sorprendo a vedere che sono passati 45 minuti, considerando che non abbiamo ancora raggiunto la prua e che dobbiamo tornare indietro. Il manometro lo controllo per sfizio, per pura curiosità dato che stasera mi sento un abitante di questo regno magico, un “sea dweller” come mi ha chiamata un amico un giorno.
Infatti la scorta di aria è più che abbondante, potrei rimanere un’altra ora ad ammirare questo spettacolo. Mi avvicino alla guida, delicatamente sta passando al setaccio una gorgonia alla ricerca del cavalluccio pigmeo; per non intralciarlo nel suo lavoro, ma curiosissima, levito sulla sua testa e completamente immobile inizio ad indagare i rametti anch’io. Niente cavalluccio, pazienza, ne abbiamo visti tanti nei giorni precedenti in Sulawesi; invece ci sono dei gamberetti microscopici che si muovono tra i polipi, stimo che saranno un paio di millimetri, non di più.
Iniziamo il ritorno. Provo una stretta al cuore.
L’idea del mattino torna prepotente : ci vorrebbe una vita intera per scoprire tutti i tesori della Liberty.
Si alza una corrente a strappo, unita ad un ondeggiamento lieve. Scruto la superficie, a pochi metri sopra a noi : si è alzato un po’ il mare. Questo lato della nave, rivolto verso terra, risente della risacca, ma oramai abbiamo quasi finito. Il fascio delle nostre torce illumina i punti di riferimento visti la mattina, le stive vuote, la fiancata della nave, la zona di sabbia con il giardino di anguille, passiamo accanto alla poppa, al buco dove ci siamo infilati ad inizio immersione.
Ciao Liberty, grazie per avermi fatto partecipe dei tuoi segreti, rimarrai nel mio cuore e nel mio logbook come la migliore immersione notturna fatta fino ad ora.
Ultime pinneggiate verso riva, risaliamo. L’onda lunga si infrange ritmica sulla spiaggia. Spegniamo le torce. L’oscurità è totale, il silenzio pure.
Non ci sono parole per descrivere il cielo stellato sopra di noi, senza nessun altra interferenza luminosa. Imprimo questa immagine mozzafiato nella mia mente e poi riprendo goffamente la dimensione umana ruzzolando fuori dall’acqua sospinta dalle onde ed affondando nei ciottoli.
A riva mi aspetta la portatrice, a cui consegno l’attrezzatura, ed un bacio dal mio buddy.
Ci incamminiamo in silenzio nel buio, con la certezza e la soddisfazione di aver fatto parte per un momento di qualcosa di unico.

lunedì 11 ottobre 2010

Muta bagnata, immersione pagata...o no?

"Muta bagnata, immersione pagata" dice il detto.

E' giusto applicare questa regola sempre e comunque?
O è meglio valutare caso per caso?
E che elementi influenzano il giudizio?
Proprio ieri mi sono trovata di fronte ad uno di questi casi, che ha dato spunto ad una serie di riflessioni "etiche".

Una persona che conosco non si è immersa per motivi fisici e ha dovuto comunque pagare i 2/3 del prezzo dell'immersione.

Nel caso in particolare, il mare era molto mosso (abbiamo avuto anche difficoltà a salire sul gommone) e perciò la ragazza in questione ha iniziato da subito ad avvertire un po' di nausea.
Dopo una ventina di minuti di navigazione, giunti sul luogo dell'immersione, la subacquea è stata la prima ad essere pronta a tuffarsi, ma sembrava tesa ed ha preferito attendere sul gommone che anche noi fossimo pronti, nonostante il mal di mare.
Una volta in acqua, raggiunta la cima della boa lungo la quale dovevamo scendere, è stata soggetta ad un forte attacco di panico in piena regola: "fame d'aria" (forse accentuata anche da una lieve forma d'asma) occhio pallato, incapacità di reazione, pinneggiata incontrollata.
La guida era già scesa a -5mt, dunque il problema è stato brillantemente risolto dai 2 buddy.
Tra le onde e la corrente sono riusciti a toglierle subito la cintura con la zavorra e a passarla al barcaiolo, a raggiungere la maniglia del tubolare per farla attaccare saldamente mentre le sganciavano anche il gav, per poi accompagnarla con successo alla scaletta, dove le hanno slacciato le pinne e fatta salire a bordo dell'imbarcazione.
Di tutto ciò, come di solito accade nei casi di panico, lei non ha ricordo.
Dunque, riassumendo:
Minuti sott'acqua =0
Assistenza in acqua=amici (altri clienti)
Assistenza in barca=nessuna (nel senso che non c'era una persona abilitata/addestrata al soccorso nè è stato fornito genere di conforto quale una bevanda calda).
La ragazza ha vomitato e poi ha atteso mestamente il nostro ritorno 50 minuti dopo.

Sbarcando tra i cavalloni che si infrangevano sulla spiaggia, è stata nuovamente male, con nuovo attacco di "fame d'aria" al punto che l'abbiamo fatta sedere su una panca e spogliata noi amiche (anche questa volta, supporto del diving pari a 0).
Il tutto è stato poi quantificato dal diving in 20€, a fronte dei 30€ dell'immersione completa.

Ora.
E' da ieri che rimugino su questa cosa, essendo anche stata "dall'altra parte della barricata" ...
Ne ho discusso con il mio buddy, valutando insieme i diversi punti di vista, la crisi (che quest'anno va tanto di moda per giustificare tutto) annessi e connessi.

Malore sì, problema all'attrezzatura no? Problema psicologico no, mal di mare sì?
Valutare caso per caso o imporre una regola rigida e fissa?

Da co-manager di un diving, ho sempre cercato di venire incontro al sub, soprattutto se la causa della mancata immersione era al di là della propria volontà (salute) e fornendo attrezzatura "spare" in caso di problemi e guasti last minute: a nessuno credo piaccia arrivare sul punto di immersione, non poter scendere per un banale guasto (o malore) e dover poi pagare!
Oltre al danno, la beffa!

Dove è finita l'etica del subacqueo?
Scalzata dal mero guadagno del commerciante?

Il verdetto finale è stato che no, in questo caso potevano anche fare i signori e gestirla più brillantemente, contando che la ragazza faceva parte di un gruppo di habituè, oppure far pagare solo il passaggio barca, ma 20 € su 30...NO!
Mi è sembrata un'assurdità!


domenica 10 ottobre 2010

10.10.10

10.10.10 : dieciottobreduemiladieci.
In tutto il mondo si è scatenata la corsa ai matrimoni e ai parti cesarei; io più semplicemente miravo a segnare una data così bizzarra e particolare nel logbook...
Non so perchè, ma mi attirava molto.
Detto fatto, organizziamo un raid a Tor Paterno.
Le condizioni meteo sono buone, sole caldo e cielo azzurro; un po' meno quelle marine: mare mosso, corrente e scarsa visibilità che non ci hanno comunque impedito di farci due belle immersioni.
Poche foto, nemmeno un granchè data la poca luce e la sospensione ma una, coniugata a questa data particolare, ha un grande significato per me, eccola:

venerdì 8 ottobre 2010

Tra le pinne del Longimanus

Sharm El Sheikh - Gordon Reef - 19 Agosto 2010

L'antefatto:

Una torrida mattina di agosto, una barca in navigazione verso Tiran, 3 amici che preparano l’attrezzatura foto-video, carichi di aspettativa...
Mi intrattengo con una simpatica cicciona austriaca che chiede al cuoco in quanti modi si può dire buongiorno in arabo: sabah el ful (giorno di mughetto) sabah el eshta (giorno di panna) sabah el nur (giorno di luce) sabah el hassal (giorno di miele)…intervengo con un “SABAH EL ERSH (giorno di squalo)...but only for divers!”.
Il cuoco mi incenerisce con lo sguardo. Evvabbè, che avrò mai detto?
“Ragazzi, come prima immersione Gordon Reef”.
Ancora? Che palle!
Facendo un giorno a Tiran ed uno a Ras Mohammed, capisco che capiti anche di ripetere le stesse immersioni, ma TUTTE le volte Gordon di prima…vabbè!
Caveremo del buono anche in quest’ennesimo puccio a Gordon!
Questa volta, dato che la shamandura è favorevole, decido all’unanimità (sono famosa per essere molto democratica, specie con il mio buddy) che possiamo prenderla un po’ più larga, stando di più sul drop off e meno sulla zona di sabbia.
Saltiamo e non appena il blu si richiude sopra la mia testa mi sento meglio, le tensioni si allentano, lo scazzamento svanisce: sono di nuovo a “casa”.
Tagliamo il giardino di coralli, piano, con calma, dirigendoci verso il drop off: oggi ho delle “good vibes”, sia mai che ci capiti un tigre.
Nonostante non sia uno dei miei luoghi preferiti, mi godo i giochi di luce, il piccolo branco di carangidi che passa frettoloso, i colori dei coralli.
Spesso butto uno sguardo nel blu, non ci spero tanto, ma magari…
Raggiungiamo un bel pinnacolo e mi metto a far esperimenti macro con un Pterois volitans sonnacchioso; un elemento estraneo entra nella mia inquadratura, sollevo lo sguardo e…
Siamo stati circondati da un gruppo di sub in assetto stile “Figli di una shamandura” che sbollano, si agitano, fanno casino ma soprattutto mi fanno spostare lo Pterois…smadonno nemmeno tanto silenziosamente e me ne vado.
Riprendo a fare esperimenti un po’ più in là, controllando con la coda dell’occhio che non arrivino a scassarmi i cabasisi di nuovo.
Invece il gruppo fortunatamente inizia il ritorno verso quote meno profonde; noi tra nitrox e ottimi consumi, ci possiamo permettere una permanenza maggiore .
Nel frattempo Toscanello e Cicciuzz stanno cazzeggiando con le videocamere; oggi nessun avvistamento eclatante, ma il reef offre generosamente sempre qualcosa: pesci angelo, pesci farfalla, pesci palla, cernie colorate, nuvole di anthias che esplodono sincronizzate in una pioggia purpurea.
Intravedo una razza maculata ed inizio ad esultare segnalandola al Toschy che mi fa l’inconfondibile segno di “Che culo!” perpetrando un gioco che fa da leit motiv alla vacanza . Siamo oramai arrivati ai bidoni, triste ricordo di un naufragio di una trentina di anni fa. Dato che nelle precedenti 8 immersioni li abbiamo fotografati e filmati a sufficienza per un nostro progetto, decidiamo di tornare trasversalmente verso il reef principale, dove un’ampia zona di sabbia è contornata da blocchi di corallo molto ricchi.
La poca profondità e il fondo sabbioso, regalano una luce meravigliosa, ottima per avere dei bei colori saturi e contrastati.
Dopo aver cazzeggiato a dovere e doppiato ampiamente la boa dei 60 minuti, spariamo il pallone e risaliamo.

Il fatto:

L’acqua è azzurra, il fondo sotto di noi è a soli 3/4 metri.
Cerchiamo di individuare la nostra barca, tra la decina che ronza a distanza; eccola, dietro a tutte, ci ha visti.
Ridendo per lo “strepitoso” avvistamento della razza, iniziamo ad allontanarci dal reef, pinneggiando di schiena.
Mi giro per vedere a che punto è la barca: odio starmene troppo tempo a mò di turacciolo sospesa nel blu…è una mia paura atavica, preferisco starmene sott'acqua che non in superficie.
Il rais sta ancora dribblando le altre barche, ci tocca aspettare ancora un po’, sbuffo .
Ed è allora che sento il Cicciuzz : “Squalo, squalo! Longimanus!” guardando alle mie spalle.
Ruoto su me stessa di 180° e, a distanza di una spanna dalla mia spalla, un’inconfondibile pinna dorsale arrotondata e spruzzata di bianco, mi sfila accanto.
Ora : chiudi la mano a pugno.
Tira fuori il pollice ed il mignolo: ecco, quella è una spanna.
Mettila vicino alla spalla destra e con l’altra mano prendi un giornale, una rivista, anche un semplice A4 può andar bene e mettilo lì dove la spanna finisce.
Rende l’idea?
I primi pensieri sono stati, in sequenza:

1.“Ebbravo il Cicciuzz, è proprio un Carcharhinus longimanus
2.“Quanto è marrone!” ( giuro, ho pensato proprio così! )
3.“C@zzo, ci sono seduta sopra!”
4.“Troppo vicino troppo vicino via via via” mentre il lembo superiore della caudale mi sfiora, creando un curioso mulinello.

Mi giro di nuovo verso la barca…è abbastanza vicina, ma ancora troppo lontana per questa situazione.
Urlo: “Ta-ala, ta-ala! ersh ersh!!!” (vieni, vieni, squalo, squalo).
Nel frattempo il mio cervello apre contemporaneamente tutti i files archiviati come Carcharhinus longimanus: affiorano gli spezzoni di video di un mio ex collega che prende a colpi sul naso uno di questi con la videocamera a Jackson Outside, la Valeriona inseguita da 2 squali a Marsa Bareka mentre fa un intro, la francese azzannata alla coscia alle Brothers nemmeno tanto tempo fa, il compagno di immersione di Bret Gilliam attaccato ed ucciso durante un’immersione tecnica…
Lo squalo (in genere, non una specie in particolare) è tra i miei animali preferiti, mi appassiona fin da quando ero piccola piccola piccola, il primo libro che ho scarabocchiato, guardato e riguardato si intitolava "Lo squalo", è stato il primo animale in assoluto che ho visto durante il corso Open, ho fatto immersioni tra decine di loro... ma tutto ciò in questo momento non mi aiuta, anzi: il fatto che il nostro amico pinnuto abbia saltato tutte le rituali tappe di avvicinamento tipiche del suo modus operandi mi impensierisce alquanto.
Sempre nel corso di un nanosecondo constato che non si tratta di un grosso esemplare, sarà un paio di metri al massimo, la pinna caudale non mi è passata accanto molto dopo la dorsale…forse è solo curioso, è venuto a darci un’occhiatina e se ne va .
Non finisco di elaborare questo pensiero che la sagoma compie un elegante piroetta e mi torna tra le pinne. Istintivamente scalcio e sento il suo corpo solido sotto il mio piede destro che viene spinto via ( o forse sono io che mi auto spingo via )
Dai dai dai, via di qui! Rieccolo, mi tocca di nuovo, gli mollo un altro calcione, fanculo.
Iniziamo a pinneggiare vigorosamente, il Toschy, il Cicciuzz in mezzo e io sull’esterno.
Non c’è il tempo di rimettersi erogatore e maschera, di vedere che intenzioni abbia realmente, siamo in una situazione di merda, quella che io odio mortalmente: il TURACCIOLO!
Senza avere il controllo su quello che accade sotto, il reef troppo lontano e la barca…
Mentre scappiamo (perché è questo che stiamo facendo) intimo al Cicciuzz, che ha in mano la videocamera “RIPRENDI!” e lui accende.
Con una mano mi attacco ad una delle impugnature dello scafandro: loro stanno pinneggiando più forte di me e non voglio rischiare di rimanere indietro, isolata… finchè siamo una massa compatta di neoprene e bombolame, magari…
Non c’è panico, non c’è paura, tutto accade troppo velocemente ed allo stesso tempo sembriamo congelati in un istante infinito; non penso a nulla, c’è solo la sensazione di dover uscire subito da questa situazione.
Alle nostre spalle sento urla, voci, il rombo del motore, ci lanciano la cima con la boa, la agguantiamo e ci trascinano a forza di braccia verso la poppa.
Arrivati in prossimità delle scalette, il Cicciuzz si fionda su quella di destra, io e Toscanello su quella di sinistra, arrampicandoci insieme.
Lui con le pinne da apnea e la videocamera, io con le mie pinne sopra le sue pinne e la macchina fotografica, accrocchiati in un unico groviglio.
Sembriamo 2 gatti su un albero con sotto un rottweiler…
Nessuno dei due riesce a salire ed entrambi ce ne guardiamo bene dallo staccarci, scendere e cambiare scaletta, dato che nel frattempo il Cicciuzz è già in barca. Rimaniamo fermi così, le chiappe ben al di sopra della superficie, mentre lo squalo gironzola ancora un po’ sotto la piattaforma e poi se ne va.
Con la coda dell’occhio vedo che non c’è più e poi sento qualche snorkelista che grida, laggiù, verso il reef… bene, se n’è andato veramente.
Scendo dalle pinne del Toschy che finalmente riesce a salire, e poi vengo tirata su io di peso. La barca sgomma via, direzione Laguna.
Incastro la bombola nella panca e rimango seduta un attimo, cercando di indovinare il numero degli ematomi che stanno spuntandomi come funghi sugli stinchi duramente provati dalla scaletta.
Incrocio lo sguardo dei miei compari… “bello però!” “sei riuscito a riprenderlo?” “manco una foto, avevo la macchina già spenta” Vabbè, siamo i soliti cazzoni...
Vengo rimproverata silenziosamente dal cuoco che mi fulmina con uno sguardo, come se la mia battuta avesse realmente avuto il potere di materializzare lo squalo.
Mi libero dell’attrezzatura, vengo travolta da mille domande di mille persone diverse, evito per un soffio di prendere a testate la guida egiziana che continuava a ripetere che non dovevamo avere paura, che non ci avrebbe fatto nulla e che, anzi, dovevamo rimanere in acqua a fargli le foto (come faceva, quel vecchio detto sulle chiappe degli altri?).
“Hai mai visto un longimanus in acqua?”
“No.”
“Sai come si comporta?”
“No”
“Ecco. Taci.” (in realtà al posto di “taci” avrei preferito qualcosa di più fisico, ma tant’è..)
“Anzi, guarda, è ancora là: se vuoi ti presto la macchina fotografica”
Tiriamo fuori le videocamere dagli scafandri e riavvolgiamo il nastro.
Ci guardiamo.
Play.
Eccolo.
In mezzo alle nostre pinne nere, gialle e fucsia, tra le mille bolle create dalla nostra fuga, c’è Lui, il cosiddetto “squalo dei naufraghi”.
Elegante, con quegli enigmatici occhi da gatto, le lunghe pettorali arrotondate, circondato da un nugolo di pesci pilota. Bello. Bellissimo. Meno male che avevamo il grandangolo.
Pochi secondi e poi va fuori inquadratura.
Cazziatone del Cicciuzz: “Qui è quando ti sei attaccata allo scafandro!”.
Scusa, eh, se tentavo di salvare il mio lato B!

L'epilogo:

Dall’immersione successiva, il rientro in barca è stato come avrebbe sempre dovuto essere, ma che il lassismo da vacanza aveva compromesso: maschera indossata ed erogatore in bocca, testa in acqua a controllare il blu a 360°, vicini vicini e mano nella mano, aspettando che la barca quasi arrivasse sul reef a prenderci!