lunedì 28 febbraio 2011

Mute "antisqualo" in Neptech: il futuro ?


La CBS 8 di San Diego, venerdì scorso ha pubblicato un servizio sull'azienda Neptunic Sharksuit , azienda impegnata dagli anni '70 nello studio e nella realizzazione di mute "antisqualo" ed ora produttrice di un nuovo materiale leggero resistente ai tagli ed alle forature.
due "Sharksuit" realizzate con i vecchi materiali

Il nuovo materiale, chiamato "Neptech" , è basato su un design a maglie di catena ed è già venduto per uso governativo e militare. Secondo il rapporto di CBS 8 potrebbe essere a disposizione del pubblico per la fine dell'anno prossimo.

Jeremiah Sullivan, fondatore di Neptunic, ritiene che il nuovo materiale potrebbe essere utilizzato persino per sostenere il morso di uno squalo bianco. Test sembrano indicare che il Neptech possa ridurre al minimo i danni da lacerazioni e forature. Tuttavia, non è chiaro come il nuovo materiale possa invece evitare lesioni provocate dalla forza del morso, anche se sembra avere il potenziale per ridurre notevolmente l'entità del trauma fisico che potrebbe essere causata da un morso di squalo o il morso di un altro grande animale predatore.

Di seguito l'articolo di CBS 8:

San Diego company develops incredible anti-shark suit

By News 8 Reporter Jeff Zevely

SAN DIEGO (CBS 8) - They say imitation is the greatest form of flattery, and that's why a San Diego man took an ancient idea and made it even better. Most people will never wear a shark suit made out of chain maille, but a variation of that protective material may be the fabric of the future.
The company is called
Neptunic Technologies, and much of what they're working on is a secret. But this time next year, their product may be popping up in a store near you.
If you've ever wondered what it feels like to be bitten by a shark, just ask the man who has sustained thousands of shark bites.
"It's stimulating, it's fun if you do it safely, but it's incredibly dangerous," Jeremiah Sullivan said.
Sullivan has appeared on more than 45 television shows and film projects demonstrating the Neptunic shark suit that he first invented in the 1970s. Decades later, Sullivan is using the technology of chain maille to make an even stronger, lighter shark suit that could sustain a great white shark attack.
Sullivan is already selling his super-material called Neptech to the government and military.
"Business is good," he said.
It's a boast backed up by side-by-side comparisons. Sullivan uses scissors to cut through military materials, but the Neptech remains intact, which could mean endless possibilities for the military, law enforcement and action sports.

Il video del servizio su Youtube

giovedì 24 febbraio 2011

Dove vanno in vacanza gli squali tigre ???


Applicazione dei dispositivi per monitorare gli squali -Photo credit: © G. Harvey

Ho appena finito di leggere un'interessante studio sui comportamenti migratori dello squalo tigre (Galeocerdo cuvier) nell'Atlantico Nord-occidentale, ve lo ripropongo:

La ricerca, portatata avanti dal Guy Harvey Research Institute, è mirata a scoprire qualcosa di più sulla vita di questi squali, a partire dalle zone che frequentano durante l'arco dell'anno.
Si è provveduto a "taggare" 7 squali, 5 dei quali sono stati continuamente monitorati per 12-17 mesi, riuscendo a stabilire un'esatta traiettoria della loro migrazione tra le Bahamas/Caraibi e le Bermuda. Gli altri 2 squali non hanno fornito abbastanza dati da poter essere presi in considerazione.
I movimenti degli squali sono stati seguiti utilizzando tre tipi dispositivi: tags acustici i cui segnali vengono rilevati da dispositivi di ascolto subacqueo (ricevitori), e due tipi di tag satellitari che danno informazioni sulla posizione dell'animale e sulla sua profondità nell'oceano.

Tutti i 7 squali hanno lasciato le Bermuda nell'autunno del 2009; 5 di loro dirigendosi direttamente alle Bahamas e ai Caraibi, dove hanno trascorso diversi mesi attorno ai reef delle isole.

Poi, a partire dalla primavera del 2010, gli squali tigre hanno invertito la rotta migrando velocemente verso nord, nel settore di oceano aperto ad Est di Bermuda.

Questo ci porta a chiederci che cosa fanno i tigre nell'Oceano Atlantico dopo aver passato 6-8 mesi nei bassi fondali delle Bahamas?.
Perchè passano 2-4 mesi in mare aperto? Per l'accoppiamento? Per l'alimentazione?
I fattori che causano questo comportamento rimangono sconosciuti.
In particolare, questi squali tigre dimostrano una notevole capacità di cambiare drasticamente il loro habitat. Poche altre specie di squalo mostrano questa flessibilità.

Lo studio prosegue con il monitoraggio di più esemplari di squali tigre (5 nelle US Virgin Islands, 4 nelle Bahamas e 11 in Bermuda) taggati con tag satellite nel 2010.
Nelle immagini, i percorsi dei 5 squali tigre presi in esame:
-Correia (maschio)

-Griffiths (maschio)
-Katrin (femmina)
-Harry Lindo (maschio)
-Miles (maschio)

mercoledì 23 febbraio 2011

Baiji : il delfino dello Yangtze





Addio Baiji, delfino cinese!


Da 4 anni ci si chiede se è proprio vero, se il simpatico delfino dello Yangtze si è estinto per sempre o se da qualche parte, in qualche ansa dell'enorme fiume, questo buffo cetaceo sta ancora giocando a nascondino con i ricercatori.


Traduzione liberamente tratta da EDGE

Secondo la leggenda cinese il Baiji, grazioso delfino d'acqua dolce, è la reincarnazione di una principessa con una triste storia, annegata nelle acque del fiume Yangtze (Cina).
E'stato dichiarato tesoro nazionale di altissimo livello, ma lo Yangtze è oggi uno dei corsi d'acqua più frequentati e più degradati del mondo e, nonostante per oltre due decenni gli ambientalisti abbiano chiesto che la specie potesse essere protetta mediante l'istituzione di un'area per la riproduzione (situata in una zona paludosa distante dal canale principale dello Yangtze) e nonostante l' ampio dibattito da parte delle organizzazioni internazionali di conservazione, poco lavoro attivo è stato realizzato per proteggere la popolazione del Baiji in rapido declino.
Una recente indagine su vasta scala non è riuscita a trovare alcun esemplare superstite nel fiume e la specie è da cosiderarsi probabilmente estinta.


Nome: Lipotes vexillifer (in cinese baiji)
Ordine: Cetacea
Famiglia: Lipotidae


Tradizionalmente i delfini di fiume sono stati raggruppati in una sola famiglia, Platanistidae.
Tuttavia, studi genetici hanno dimostrato che essi rappresentano un gruppo convergente di specie affini solo lontanamente (per esempio, per aver ridotto gli occhi o perché hanno ciascuno si è evoluto in simili ambienti fluviali).
Il Baiji è ormai noto che si è discostato da altri delfini di fiume circa 20-25 milioni di anni fa, ed è considerato l'unico rappresentante dei Lipotidae, un'intera famiglia di cetacei.

Dimensioni:
Lunghezza del corpo: Maschi: 141-216 centimetri Femmine: 185-253 cm
Peso: maschi: 42-125 kg Femmine: 64-167 kg

Il Baiji è un delfino d'acqua dolce elegante, caratterizzato da un lungo rostro leggermente all'insù e bassa dorsale triangolare. Come altri delfini di fiume, ha bisogno di poco per la visione nelle acque fangose e di conseguenza ha occhi a malapena funzionali. E 'azzurro-grigio chiaro con il ventre bianco.
La femmina è generalmente più grande del maschio.
Il gruppo di solito è di piccole dimensioni, costituito da quattro o cinque animali, anche se aggregazioni fino a undicidi individui sono stati osservate nelle zone con abbondante presenza di prede.

Gli avvistamenti negli ultimi 15 anni sono stati estremamente rari, in genere di coppie o individui solitari, riflettendo il precipitoso declino della specie.
Il Baiji caccia la mattina presto o durante la notte, le femmine raggiungono la maturità a otto anni e danno vita a un piccolo ogni due anni circa.
Un esemplare maschio di baiji, 'Qi Qi', è sopravvissuto nel delfinario di Wuhan per oltre 22 anni.

Distribuzione
Endemica del bacino dello Yangtze nella Cina orientale. La specie è stata recentemente registrata nel tratto del medio e basso del fiume Yangtze tra Yichang e Shanghai; questa distribuzione storica è sempre stata a valle del sito del progetto di diga delle Tre Gole. Fino al 1950 la specie era presente anche nel fiume Qiantang. Una serie di sondaggi condotti tra il 1997 e il 1999 ha fornito una stima minima di popolazione di soli 13 individui. Sebbene un certo numero di avvistamenti non verificabile siano stati segnalati dai pescatori locali negli anni scorsi, una recente (novembre-dicembre 2006) indagine internazionale su vasta scala non è riuscita a trovare nessun delfino sopravvissuto nello Yangtze, ed è probabile che la specie sia ormai estinta.
Popolazione
I risultati dell'indagine indicano che i numeri sono diminuiti rapidamente e continuamente nel corso degli ultimi 30 anni, da circa 400 animali nel 1980 a solo 100 animali nel 1990. Il decremento della popolazione è stato stimato a circa il 10% per anna.

Status Il Baiji è classificato come in pericolo critico C2a (ii); D nella Lista Rossa IUCN delle 2.010 specie minacciate.
E' stato dichiarato estinto funzionalmente nel 2007 (ossia non si esclude che ci posssa essere ancora qualche esemplare, ma il numero è così ridotto da pregiudicare ogni tentativo di riproduzione della specie).

Minacce: La principale minaccia per la sopravvivenza del baiji è l'enorme impatto umano sull'ecosistema degradato dello Yangtze. Più di 400 milioni di persone vivono nel bacino del fiume, e le sponde sono piene di grandi città industrializzate.
Il fiume è una delle più frequentate vie del mondo, ed è fortemente utilizzata per i trasporti, la pesca e lo sviluppo industriale. Probabilmente la causa principale di mortalità è da imputarsi alle catture accidentali da reti e dalla pesca illegale (elettro-pesca bandita due decenni fa in Cina perché uccide i delfini, è ancora ampiamente utilizzata lungo lo Yangtze).
Altre morti sono il risultato di collisioni con le barche, e le esplosioni subacquee per il mantenimento di canali di navigazione. L'ambiente dello Yangtze è stato ulteriormente degradato dall'inquinamento, lo sbarramento a monte e dal dragaggio dei fondali. In particolare, il recente completamento della diga delle Tre Gole pregiudica la presenza di pesce a valle e riduce ulteriormente le aree di habitat idonei.
Il Ministero dell'Agricoltura cinese ha imposto restrizioni sulla pesca e sugli scarichi di sostanze nocive nel fiume, ed ha designato ufficialmente una serie di riserve per il baiji nei principali canali tra Honghu e Zhejiang. Tuttavia, non c'è stato un grande sforzo per far rispettare queste misure di conservazione, e non vi è alcuna differenza apparente tra i livelli di pesca legale e illegale nelle riserve per i baiji e nel resto del fiume.

Pur essendo elencati in Appendice I della CITES e che è stato una specie protetta in Cina dal 1975, le indagini svolte negli ultimi venti anni hanno indicato un calo costante della popolazione, fino ad arrivare ai disastrosi risultati del 2006.


Mi sa che gli unici baiji rimasti li vedremo sui francobolli... :-(



Altri articoli (in inglese) sul Baiji, qui:

PhysOrg - 2010
Dr.Sam Turvey - 9 aprile 2009
Dr.Sam Turvey - 27 aprile 2009


Questo post partecipa, a modo suo, a "Giochiamo a viaggiare" di Mammagiramondo.

martedì 22 febbraio 2011

Ego Compact Semi Submarine


Mi sa che a breve le immersioni in gabbia con lo squalo bianco non saranno più appannaggio solo di provetti subacquei...
Una ditta coreana ha messo in produzione Ego Compact Semi Submarine, una piccola chiatta (mi sembra tanto un... pedalò!) con un vano subacqueo per i turisti a cui non va di bagnarsi le chiappe:




Immagini tratte dal sito del costruttore: Raonhaje

lunedì 21 febbraio 2011

Il mistero delle 12 aquile di mare


Curiosa notizia dal sito del Oceanworld Manly (Sidney, Australia):

Due femmine di aquila di mare del sud (Myliobatis australis) hanno dato vita a 12 cuccioli presso l'Oceanworld di Manly, in circostanze incredibili: da quando sono arrivati all'acquario, nel gennaio 2009, sono state senza compagnia maschile.
Così, è stata con grande sorpresa e gioia che il personale di Oceanworld ha accolto la nascita dei cuccioli nel gennaio di quest'anno.
Non era un caso di immacolata concezione: la conservazione dello sperma è una strategia che è stata registrata in diversi altri elasmobranchi (squali e razze) dove la femmina può conservare lo sperma nel suo tratto riproduttivo per periodi prolungati e produrre prole solo quando le condizioni sono ottimali.
"Per quanto ne sappiamo, due anni sono la durata record di conservazione dello sperma per questa specie", ha commentato Rob Townsend, Life Sciences Manager presso Manly Oceanworld.
Dopo aver trascorso alcune settimane nella struttura di quarantena dove sono stati effettuati i controlli sanitari e lo staff si è assicurato che stavano mangiando bene, da oggi 21 febbraio i 12 piccoli sono pronti a passare nelle vasche esposte al pubblico.

Di seguito l'articolo originale:

Female Southern Eagle Rays at Oceanworld Manly have given birth to 12 healthy pups under incredible circumstances in a fascinating display of natural behaviour.
The mother Southern Eagle Rays have been without male company since they arrived at Oceanworld Manly in January 2009. So, it was much to the surprise and delight of Oceanworld staff when both Southern Eagle Rays delivered pups in January this year.
It wasn’t a case of immaculate conception, but possibly through sperm storage. Sperm storage is a strategy that has been recorded in several other elasmobranchs (sharks and rays) where the female will store sperm in her reproductive tract for extended periods and only produce offspring when the conditions are optimal.
“As far as we know, the two years that this sperm was stored is the longest duration of sperm storage for this species”, commented Rob Townsend, Life Sciences Manager at Oceanworld Manly. “After spending a few weeks in our quarantine facility where we performed health checks and ensured they were eating well, they are now ready to move into our display tanks.”
The baby Eagle Rays were moved into display tanks on the morning of Monday, February 21. Eagle rays grow up to 2.4m in length and have large pointed wings that they use to “fly” through the water, which is how they got their common name.
Oceanworld Manly has an excellent history in captive breeding programs, with success with Seahorses, Cuttlefish, Port Jackson, Bamboo and Epaulette Sharks as well as the threatened Black Cod and critically endangered Grey Nurse Shark.

giovedì 17 febbraio 2011

Un'immagine per il weekend - D.Doubilet

© David DOUBILET

Questa foto mi mette addosso tanta allegria...ed una gran voglia di partire ! :-)

Uno squalo elefante nel porto di Taranto


Un'altra ottima notizia per i nostri mari: La Repubblica riporta un avvistamento effettuato dalla Capitaneria di Porto di Taranto, nelle acque antistanti il porto, sabato scorso.
Un giovane esemplare di squalo elefante (Cetorhinus maximus)stimato 5 metri di lunghezza, si aggirava in superficie nutrendosi di plancton. Ricordo che lo squalo elefante, a dispetto della sua mole (in età adulta raggiunge anche i 9 metri di lunghezza) è un animale COMPLETAMENTE INNOCUO, in quanto si nutre appunto di plancton (ossia piccoli organismi acquatici) che filtra attraverso le enormi branchie. E' una specie ad alto rischio, in quanto vittima di catture accidentali e (nuotando a pelo d'acqua) di incidenti con le imbarcazioni.



mercoledì 16 febbraio 2011

Ammazzaò che botta :-)

Bahamas: Osservare uno squalo martello (Sphyrna mokarran) a caccia di un piccolo squalo limone (Negaprion brevirostris) può essere alquanto divertente...per noi...un po' meno per lo squalo martello!
:-)

lunedì 14 febbraio 2011

Le due facce della stessa medaglia


Photograph courtesy WWF-Philippines

Nella foto sopra, il più piccolo esemplare di squalo balena trovato vivo (nel 2009 a Dosol, Filippine - Leggi l'articolo del National Geographic ).

Nella foto sotto, la più grande bistecca di squalo balena ( Cina, 2007) - fonte Daily Mail

venerdì 11 febbraio 2011

Squali "indigeni"

Photo PRETOMA

Un'interessante notizia proveniente da Mangrol (Gujarat) INDIA:
Gli squali balena che si vedono nelle acque al largo della costa del Gujarat potrebbero essere nativi dell'Oceano Indiano e non migranti provenienti dall' Australia, come comunemente ritenuto finora.
Gli squali balena sono spesso avvistati a Veraval e Sutrapada lungo la costa del Gujarat e al largo della costa australiana: alcuni studi avevano suggerito che gli animali in inverno migrassero in acque più calde alla ricerca di cibo, supportati dal fatto che i tempi della "scomparsa" in Australia e quelli della loro ricomparsa in India, coincidevano.
Questa teoria può essere ricusata se gli accertamenti preliminari del WTI (Wildlife Trust of India ) sono confermati: l'esame di cinque campioni genetici effettuati dall' organizzazione no-profit al largo del Gujarat non corrispondono con quelli provenienti dall' Australia.
Nemmeno i dati fotografici di identificazione degli squali balena hanno trovato una corrispondenza.
"I campioni raccolti fino ad ora non hanno trovato una corrispondenza in tutto il mondo, il che significa che sono unici", ha detto il Presidente del WTI.
Tuttavia, altri dati dovranno essere raccolti prima di poter categoricamente affermare che gli squali balena indiani sono un "popolo distinto".
Un consiglio scientifico è stato istituito per studiare gli squali balena.
È composto da rappresentanti dell'Istituto della fauna selvatica dell'India, Space Applications Centre, Istituto Nazionale di Oceanografia, WTI, Australian Institute of Marine Science, University of Illinois e altri. Oltre il monitoraggio dei loro movimenti, il Consiglio dovrà anche prendere in considerazione aspetti come le abitudini e vedere se vi sia stato un incrocio. Se i risultati sono dimostrati, ciò significherebbe una maggiore diversità genetica per lo squalo balena che migliorerà le sue prospettive di sopravvivenza.
L'Australia è considerata un rifugio sicuro per questo squalo e in alcune zone si sono registrati fino a 300-500 squali balena. Anche Veraval e Sutrapada sono considerate rifugi sicuri e ricchi di plancton; potrebbe essere quindi che la maggior parte degli squali balena indiani restino nelle acque del paese, mentre alcuni possano migrare.
Il WTI ha deciso di monitorare gli squali balena via satellite nei prossimi due mesi estendendo l'iniziativa agli stati del sud come il Kerala, dove gli squali balena sono stati avvistati.
Non più tardi di un decennio fa, gli squali balena sono stati cacciati a centinaia in Gujarat per l'olio di fegato e per la carne. Nel 2000-2001, oltre 500 squali balena sono stati uccisi lungo la costa . La caccia allo squalo balena è stata vietata in India il 28 maggio 2001; da allora, i cacciatori si sono trasformati in protettori.
Nel 2008 è stato firmato un memorandum d'intesa per un progetto di conservazione per creare consapevolezza ed intraprendere attività di ricerca per salvare le specie in pericolo. Il piano prevede inoltre una esplorazione delle opportunità di turismo della regione, legate allo squalo balena, cosa che garantirebbe ulteriormente la sopravvivenza della specie, fortemente minacciata.

Di seguito l'articolo originale, da Livemint.com :

Gujarat whale sharks may be native

Predominantly found off the Australian coast, they are believed to travel from there to warmer waters in winter in search of food
Maulik Pathak

Mangrol (Gujarat): The endangered whale sharks that are seen in the waters off the Gujarat coast may be native to the Indian Ocean and not migrants from Australia as is commonly held.
Billed as the world’s largest fish, the whale sharks are often spotted at Veraval and Sutrapada off the Gujarat coast. Some of them can grow as long as 45ft and weigh as much as three adult elephants.
Predominantly found off the Australian coast, they are believed to travel from there to warmer waters in winter in search of food. Based on the timing of this “disappearance” in Australia and their appearance in India, earlier studies suggested they migrate to Indian waters along with the ocean currents, said Arun Kaul, senior director, Wildlife Trust of India (WTI).
This theory may be challenged if initial WTI findings are confirmed.
The non-profit conservation organization said five genetic samples from whale sharks off Gujarat didn’t match with those from Australia. Photographic data from the Gujarat whale sharks also didn’t find a match, Kaul said.
“The samples collected so far have not found a match anywhere in the world, which means they are unique,” he said.
Still, more data will need to be collected before it can be categorically asserted that the whale sharks are a “distinct populace,” he said.
Aimed at studying the population and migration of whale sharks, the photo identification is being implemented in collaboration with Ecocean of Australia, which maintains a global whale shark database and is coordinating the research.
A scientific advisory council has been set up to study whale sharks. It includes representatives from the Wildlife Institute of India, Space Applications Centre, National Institute of Oceanography, WTI, Australian Institute of Marine Science, University of Illinois and others.
Besides tracking their movements, the council will also look into aspects such as breeding habits and see if there has been any cross-breeding.
If the findings are proven, it would mean greater genetic diversity for the whale shark, said S.K. Nanda, principal secretary, forests and environment, Gujarat. That would improve its prospects for survival.
Such a finding could also underscore the importance of the Save the Whale Shark Campaign that was launched in January 2004 as an initiative of the Gujarat forest department, WTI and the International Fund for Animal Welfare.
Funded by Tata Chemicals Ltd (TCL), it was launched to spread awareness and change perceptions about the endangered species, which is protected by law and on which very little scientific information is available in India.
“Perhaps we have discovered a population that could be endemic to Indian territorial waters,” said Satish Trivedi, senior official, community development, TCL. Such a discovery is significant for India, he said.
Currently, there are two established populations of whale sharks—the one residing off Australia and another in the Atlantic, Trivedi said.
Australia’s coast is considered a safe haven for the fish and some areas have recorded up to 300-500 whale sharks. Veraval and Sutrapada are also considered safe havens, besides which the sea bed there is rich in sea plankton and sea grass on which the fish feed.
It could be that most of India’s whale sharks remain in the country’s waters while some may migrate, said Manoj Matwal, researcher and assistant field officer, WTI, based on some of the observations made by the local fishing communities.
WTI has decided to track the whale sharks via satellite in the next two months using tags, something India has done previously for green turtles.
Although Kaul said the failure rate and lifespan of the tags would have to be factored in, WTI aims to extend the initiative to southern states such as Kerala where whale sharks have also been spotted.
As recently as a decade ago, whale sharks were hunted in their hundreds in Gujarat for liver oil to waterproof boats and for meat, which was exported. In 2000-2001, over 500 whale sharks were estimated to have been killed along the Gujarat coast. At $1,125-2,250 (Rs.51,525-101,250) apiece, they made for a lucrative catch.
It was wildlife film-maker Mike Pandey’s documentary Shores of Silence that publicized the whale shark’s plight. Before that, apart from the fishing community, few knew about them.
Whale shark hunting was banned in India on 28 May 2001, following its listing under schedule I of the Wildlife (Protection) Act, 1972.
Since then, the former hunters have turned into protectors. After the launch of the Save the Whale Shark Campaign, more than 240 of them, accidentally caught in fishing nets, have been freed by the fishermen.
Rajubhai Luvana, head of a fishing community in Veraval, said at least 25 whale sharks were freed from nets in 2010. The government provides compensation of as much as Rs.25,000 for the loss of nets. Over half a dozen fishing towns in Saurashtra have adopted the whale shark as a mascot.
In 2008, TCL and WTI signed a memorandum of understanding for a conservation project to create awareness and undertake research to save the endangered species. The plan also called for an exploration of whale shark tourism opportunities in the region.

giovedì 10 febbraio 2011

In morte di un' orca

L'orca Nami durante uno spettacolo al Port of Nagoya Public Aquarium.

Adoro le orche.
Enormi, possenti, sfrontate, lucide nella loro elegante livrea bianca e nera.
Ma anche intelligentissime, spietate e molto organizzate.
Mi piace vederle nel loro ambiente, studiare ed applicare estreme tattiche di caccia insieme alle compagne.
Mi spiace saperle in cattività, loro che vagano libere nell'immensità degli oceani, anche se capisco (ma non giustifico) che per molti è l'unica occasione di vederle dal vivo.
Mi spiace leggere un articolo come questo del The Mainichi Daily News, da cui trapela tutto il disagio di questo esemplare che, dopo 24 anni in un acquario, sceglie l'unica via per la libertà:
il suicidio.
Nami, Orcinus orca di 28 anni, dopo aver passato 24 anni nel Taiji Whale Museum (Giappone) viene venduta al Port of Nagoya Public Aquarium.
Qui, dopo pochi mesi, inspiegabilmente muore.
I risultati dell' autopsia rivelano che l'animale ha ingoiato 491 pietre (per un totale di 80 kg !!!) che costituivano parte dell' "arredo" dell'acquario di Taiji.
Tristezza.

Ecco l'articolo originale :

Autopsy shows killer whale swallowed 80 kilograms of stones before death at aquarium

(Mainichi)NAGOYA -- A popular killer whale that died at an aquarium here last month has been found to have lost its life apparently after swallowing more than 80 kilograms of stones over the course of many years, which led to it suffering from a stomach ulcer and pneumonia, the facility has announced.

According to the Port of Nagoya Public Aquarium, an autopsy has found that the female killer whale, named "Nami," had 491 stones -- weighing 81.4 kilograms in total -- stuck in her stomach.

One pocket of her stomach was reportedly sagging due to the weight of some 70 kilograms of pebbles stuffed in it, including the largest stone that measured 17 centimeters in length and weighed 2.1 kilograms. Furthermore, an ulcer was found in another pocket of her stomach, and bleeding from the spleen and enteritis were also diagnosed. The ailments are thought to have put a strain on Nami's heart.

There are reportedly no study documents on killer whales that include reports of them swallowing stones.

In a bid to further examine what caused Nami's death and review how killer whales should be raised in captivity, the Port of Nagoya Public Aquarium will team up with external experts to set up an investigative committee later this fiscal year.

Nami was captured off the coast of the Wakayama Prefecture town of Taiji in 1986 and had been kept for 24 years at the Taiji Whale Museum. Nami was then transferred to the aquarium in Nagoya after the facility purchased her for 500 million yen in June last year. The killer whale, however, became ill four months later and died on Jan. 14 at an estimated age of 28.

Nami is believed to have repeatedly swallowed pebbles at the Taiji Whale Museum as whales at the facility are displayed in part of a natural cove. There are no stones in the pool where Nami was kept at the aquarium in Nagoya.

mercoledì 9 febbraio 2011

Come si misura uno squalo balena?

Il sito online di BBC riporta un'interessante intervista a Christoph Rohner, uno degli studiosi che ha approntato un nuovo sistema per misurare il pesce più grande del mondo, lo squalo balena (Rhincodon typus).
Semplice quanto ingegnoso e preciso: una macchina fotografica, 2 puntatori laser...et voilà!

In verde (indicato dalle frecce) il segno dei 2 puntatori laser.

La ricerca è stata condotta in Mozambico, a Tofu. Dai primi accertamenti "sul campo" pare che le rilevazioni fatte fino ad oggi abbiano sottostimato la lunghezza degli squali balena! Quindi il pesce più grande del mondo potrebbe essere...ancora più grande!
:-)
Di seguito l'articolo originale di BBC ed il link allo studio:

Whale sharks: Biggest fish could be even bigger
By Ella Davies
Earth News reporter

Whale sharks, the world's biggest fish, could be even bigger than previously recorded, a new study reveals.
Scientists working in Mozambique have developed a new method of measurement using a camera mounted with lasers.
Although previously estimated at up to 20 metres in length, accurate details of the giant fish have been difficult to obtain in the past.
Researchers believe regular measurements will reveal more about the lifecycles of these sea giants.
Scientists studying whale sharks (Rhincodon typus) describe a technological breakthrough in understanding the plankton-eating giants.
Working with the University of Queensland, the Marine Megafauna Foundation and CSIRO Marine and Atmospheric Research, the team's findings are published in the Journal of Fish Biology.
"Our paper is the first to publish accurate measurements for whale sharks in the field," says PhD candidate Christoph Rohner.
"Other researchers have previously tried to measure the sharks with a tape measure, or by visually estimating size, which is obviously difficult to do accurately," he explains.
Many previous size records were based on the photogrammetery method: estimating measurements from photographs.
Arrows indicate the green laser points used to scale photographs of whale sharks
Researchers claim they have dramatically improved the precision of this method with the addition of two laser pointers.
By positioning the lasers 50cm apart on either side of the camera, the distance between the projected points provides a fixed scale so that photographs can be analysed with greater accuracy.
"The laser system will allow us to reliably obtain accurate measurements from free-swimming sharks, so we may well find out that the world's largest fish is even larger than presently recorded," says Mr Rohner.
Researchers say their new method has already seen the recorded size of some individuals increase by up to 50cm.
In addition to recording the length of whale sharks, researchers say the photographs could reveal more about the enigmatic species.
"Whale sharks can be individually-identified using the distinctive pattern of spots on their flanks. We project laser spots onto this region, allowing us to obtain both the identity and length of the shark with a single photograph," says Mr Rohner.
"At present we have no clear idea about how long whale sharks live, but it may be for over one hundred years. By repeatedly measuring the same individuals over time, we hope to be able to eventually find out how old a twenty metre shark might be," he adds.
Conservationists are concerned that the giant fish are under threat from commercial fishing including harpoon fisheries and incidental capture.
Researchers claim that by understanding whale sharks' lifecycles, they can more accurately predict how populations are impacted by these activities.
Mr Rohner emphasises the importance of measuring individuals over time to learn more about their development and confirm their growth rate.
"Whale sharks are globally threatened, and this kind of basic but hard to get information is vital for effectively conserving the species," he says.
Researchers estimate that 19% of the global population of whale sharks has been recorded off the coast of Mozambique.
Recent satellite tagging experiments have shown the fish migrating extremely long distances of up to 13,000 km.

Di seguito il link allo studio dei ricercatori ed il particolare dell'attrezzatura utilizzata per le misurazioni:

How large is the world’s largest fish? Measuring whale sharks Rhincodon typus with laser photogrammetry.
C. A. Rohner, A. J. Richardson, A. D. Marshall, S. J. Weeks and S. J. Pierc

martedì 8 febbraio 2011

Ancora orrore a Taiji

Incappare in questo agghiacciante articolo di "The Sun" e poi assistere impotente a questo crudele massacro, mi ha lasciata senza parole.
A Taiji, Giappone, da anni gli attivisti di tutto il mondo si battono contro il massacro di varie specie di delfini che viene perpetrato con metodi disumani (vedi questo post).
Dopo le violente polemiche, i pescatori si sono organizzati, mascherando con teloni la parte di "The Cove" (così è chiamata la baia dove radunano e macellano i delfini ancora vivi) e applicando metodi da incubo per uccidere gli animali lasciando meno tracce possibili.
L'ultimo in ordine di tempo risale a pochi giorni fa, documentato in questo crudo video girato da Atlantic Blue: il pescatore infila uno stiletto di metallo lungo una quarantina di cm direttamente nella spina dorsale del delfino, infilando subito dopo un tappo di legno in modo che non fuoriesca il sangue. L'animale si dibatte per parecchi minuti in agonia e, se tarda troppo a morire, viene spinto sott'acqua in modo che affoghi.

ATTENZIONE: QUESTO VIDEO CONTIENE DELLE IMMAGINI CRUENTE CHE POTREBBERO URTARE LA VOSTRA SUSCETTIBILITA'

lunedì 7 febbraio 2011

Incredibili orche !


Cercando dei filmati sulle orche (Orcinus orca) mi sono imbattuta in questo filmato sulla strategia di gruppo attuata per catturare una foca.
Semplicemente geniale.
Peccato non aver potuto inserire direttamente il video sul blog; il link è questo.

venerdì 4 febbraio 2011

Un'immagine per il weekend - M. Di Francesco


Anemonefish ( Philippines - Moalboal )
Foto di Marcello Di Francesco

Piccolo è bello

Foto cortesemente concessa da Marcello Di Francesco.

Adoro la macro, amo gli esserini microscopici in generale e quelli difficilissimi da individuare in modo particolare.
Il cavalluccio pigmeo ( Hippocampus bargibanti anche noto come pigmy seahorse in inglese) è uno tra questi.
Vive nelle calde acque comprese tra Indonesia, Filippine, Nord Australia , Nuova Caledonia e Giappone, sui rami di 2 tipi di gorgonie: Muricella plectana e Muricella paraplectana.
La sua particolarità è quella di essere minuscolo (da qualche millimetro fino ad un massimo di 2 centimetri!) e praticamente invisibile, perfettamente mimetizzato come colore e forma tra i polipi della gorgonia

mercoledì 2 febbraio 2011

Affondata la balena di S.Rossore


La carcassa della balenottera comune spiaggiatasi la settimana scorsa sulla costa toscana di San Rossore, è stata esaminata, studiata e poi affondata tra mille difficoltà (tecniche e meteo).
Le spoglie di "Regina" (così chiamata, nonostante si trattasse di un esemplare maschio, perchè morta in prossimità della ex-tenuta del re) riposeranno su un fondale di circa 50 metri, interdetto alla pesca, e verranno costantemente monitorate da un gruppo di studio per 18 mesi, con lo scopo di studiare i processi di decomposizione in acqua e la crezione di un nuovo ecosistema marino.

News e foto tratte dal Corriere della Sera

martedì 1 febbraio 2011

Sardine run a Moalboal - Filippine

Sardine run = Sudafrica...
E chi l'ha detto?
Da qualche tempo un fenomeno simile interessa anche l'area di Pescador Island, di fronte alla nota località sub di Moalboal, sull'isola di Cebu, Filippine.

Milioni di sardine si ritrovano insieme formando un banco immenso, che oscura persino la luce del sole; il movimento sincronizzato dei pesci crea un balletto affascinante, richiamando anche qualche predatore degno di nota ( tonni, barracuda, squali volpe ).

La meraviglia di questo spettacolo nelle foto di Marcello Di Francesco :

Tutti i diritti riservati a Marcello Di Francesco

Tutti i diritti riservati a Marcello Di Francesco

Tutti i diritti riservati a Marcello Di Francesco

Due video da YouTube: