Egitto, Sharm el Sheikh, Ras Ghamila
Terza immersione della giornata, tornando da Tiran.
Causa Ramadan, non abbiamo potuto fermarci lì, ma abbiamo iniziato a tornare verso la costa, per poter attraccare al porto con un po’ di margine rispetto al tramontare del sole.
La guida decide che ci immergeremo a Ras Ghamila.
Ho un tuffo al cuore. Avendo lavorato per un diving situato proprio lì, conosco questo sito come le mie tasche ed ho proprio voglia di tornarci.
Purtroppo questa volta sono senza il buddy “storico” e mi tocca aggregarmi al gruppo.
Ci tuffiamo ampiamente fuori zona, in prossimità del pontile del Baron, per una drift dive con il reef sulla sinistra.
Scendiamo in un punto un po’ noioso: sabbia e pinnacoletti, sabbia e acropore, sabbia e….che palle!
La corrente è lieve e stimo con disappunto che non ce la faremo ad arrivare dove inizia il “bello”: gorgonie, drop off e via dicendo. Ok, mi concentro su un po’ di macro anche se non posso attardarmi molto: il gruppo è piccolo e sono molto più veloci di me e voglio evitare il cazziatone. La luce è bellissima, il fondo bianco regala un riverbero che fa risaltare i colori.
Qualche carangide passa nel blu, frettoloso. La visibilità non è ottima, ma non ci si può lamentare. Qualche razza maculata riposa sotto le acropore, per il resto non trovo nessun soggetto che mi attiri, quindi preferisco sbrigarmi un po’, magari si riesce ad arrivare dove vorrei….
Ed infatti dopo una buona ventina di minuti, i pinnacoletti e blocchi di reef iniziano ad essere più numerosi e rigogliosi; mi fermo a fotografare una murena nascosta sotto un “tavolino”, ma è un po’ controluce e non ottengo l’effetto che speravo. Subito dopo c’è un bel pesce palla mascherato che riposa su un’acropora, come se fosse su un vassoio: qualche minuto anche per lui e…il gruppo è sparito!
Lontano intravedo le bolle. Senza fretta riprendo il mio cammino, mi aspetteranno…credo!
Inizio a pinneggiare, ma mi accorgo che la distanza è sempre la stessa.
Vabbè, “sticazzi” non ho voglia di faticare! Sai che c’è? Mi godo questo scampolo di autonomia.
Spengo la macchina fotografica, mi guardo attorno e….vengo sopraffatta da una miriade di ricordi.
Noto il punto dove la zona di sabbia scende un po’ più ripidamente: luogo che, a 40 metri e mille anni prima, mi ha visto impegnata negli esercizi del corso Advance.
In un attimo mi tornano in mente molti dettagli delle immersioni di quel periodo, i personaggi, le storie.
Proseguo fino ad un pinnacolo, alto un paio di metri, diviso a metà e ribattezzato “il portale”: alla sua base era solita arrotolarsi una murena gigante e la prima volta che la vidi, la scambiai per un vaso.
Era davvero enorme, testa e coda non si vedevano e l’ansa formata dal suo sinuoso corpo avvolto al pinnacolo pareva veramente un vaso. Dovetti toccarla, per capire cosa fosse. Rido al ricordo.
Poco più avanti un cespuglio di corallo nero e l’immagine vivida di 2 delfini che giocano intorno a noi, sfiorandoci con il muso e fingendo di “brucarlo”.
Subito dopo il pianoro con la boa e la catena: palcoscenico di corsi e check dive.
Ripenso all’unica volta in cui ho rinunciato ad un’immersione, proprio lì, qualche anno fa, causa corrente disumana: la catena a 45° dava un’idea della forza dell’acqua per cui saggiamente decidemmo di lasciar perdere tornando faticosamente al pontile.
Tutte le immersioni vennero cancellate, quel giorno: se avevo rinunciato io, che mi buttavo con qualsiasi condizione, voleva dire che era veramente impossibile scendere…
Mi fermo per una macro di rito al nudibranco che staziona sempre sulla spugna rossa sotto al masso vicino al corpo morto.
Mi balena l’idea di attraversare il giardino di coralli e portarmi verso il drop off, a salutare le gorgonie, magari non quelle a 30 metri, ma quella perfetta, a forma di ventaglio, che io e il Cicciuzz abbiamo letteralmente “ricucito”, causa strappo da lenza, nel corso di un paio di immersioni, magari sì….
Guardo il computer: no, oramai sono a fine immersione, riscendere a 23 metri non mi va. La decisione mi pesa come un macigno, sento un groppo che sale inesorabile, la maschera si riempie di lacrime.
Piango.
Piango davanti alla bellezza dei colori, delle forme, della quantità di vita che popola questo reef.
Piango ricordando quella botta di narcosi a 18 metri; piango per la manta con cui giocai un pomeriggio d’inverno; piango per lo squalo chitarra che abitualmente gironzolava all’imbrunire al “sandy patch”; per gli intro scorrazzati avanti ed indietro sulla barriera corallina, godendo ogni volta del loro sincero stupore; piango per la nuvola di fucilieri che si radunava d’estate al tramonto; piango per le notturne meravigliose che questo posto mi ha regalato; per quella volta che insieme a mio padre decidemmo di raggiungere dal pontile Gorgonia City, facendoci un culo così pinneggiando in superficie contro vento; per l'unica volta che sono riuscita a portare sott'acqua mia sorella, per gli amici che lavoravano qui ed ora sono sparsi per il mondo; per una stagione della mia vita che non c’è più.
Piango travolta dalle emozioni.
Mi riempio gli occhi di tutti quei particolari che hanno colorato quei giorni, la luce, la danza degli anthias, la meraviglia delle sfumature.
Sono pronta per risalire.
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