Micronesia - Palau - Peleliu - luglio 2010
Sono in fibrillazione.
La prima immersione della giornata, a Yellow Wall, ci ha mostrato le potenzialità di questi siti di immersione: corrente e squali, squali e corrente!
Non vedo l'ora che l'intervallo di superficie finisca per affrontare finalmente il top delle immersioni di Peleliu: Peleliu Express.
Controlliamo l'attrezzatura, cambiamo le batterie alla macchina fotografica ed alla videocamera, ci rilassiamo un po' chiacchierando con i compagni cercando di prendere qualche raggio di sole tra una nuvoletta e l'altra.
Dopo un'ora e mezza, Daniel ci fa un veloce briefing e finalmente lasciamo il porticciolo alla volta del sito, che dista solo un paio di minuti di barca.
3 delfini si avvicinano e ci scortano fino al punto in cui ci tufferemo poi, ridendo, se ne vanno.
Quale migliore auspicio?
Ci sincronzziamo in modo da essere tutti pronti nel medesimo istante: la corrente qui non scherza e non c'è tempo per aspettare i ritardatari.
Anche noi eviteremo di farci passare l'attrezzatura foto/video e ci butteremo già pronti, gav sgonfio. La barca si avvicina alla costa: one, two, three, GOOOOOO!
Scendiamo lungo la parete verticale: subito un paio di squali grigi vengono a curiosare per poi andarsene.
La corrente è media, ovviamente a favore, ci lasciamo trasportare pigri.
Una tartaruga verde di grosse dimensioni risale placida dal fondo, si avvicina mantenendosi però ad una distanza di rispetto e ci lascia lì, ammaliati.
La parete non è una meraviglia: coralli duri, qualche gorgonia...ho visto di meglio.
E comunque non siamo qui per la parete! E' molto meglio la sommità, che si apre in un pianoro riparato da varie rocce: la varietà di coralli è più ricca ed innumerevoli tartarughe sonnecchiano in qualche anfratto o "brucano" i coralli molli.
Io e il buddy perdiamo un po' di tempo qui con le tartarughe, con un'enorme tridacna gigante (1 metro circa di diametro) e con un iridescente branco di barracuda.
Non sono grossi, ma sono tanti e compatti ed i movimenti del branco seguono l'armonia della corrente come in un balletto.
La corrente. Già.
Ha iniziato a farsi insistente; ci scambiamo uno sguardo e decidiamo di lasciar perdere i barracuda e ricompattarci con il gruppo, prima che sia troppo tardi.
Sulla parete si fila via che è un piacere: pinneggiamo un po' per raggiungere gli altri in breve tempo. Squali e tartarughe ci passano accanto contromano, senza sforzo.
La presenza di pesci si fa più intensa, indice che stiamo arrivando dove iniziano i giochi.
Daniel ci fa segno di tenerci pronti con l'hook, l'uncino di acciaio che servirà ad ancorarci alla roccia sulla sommità della parete, permettendoci di ammirare senza sforzo il via vai degli animali.
Lo agganciamo al gav con il moschettone, liberiamo la cima ed attendiamo il segnale.
GOOOO!
Ci scaglioniamo lungo il ciglio della parete, ci agganciamo alla roccia, lasciamo la cima e volteggiamo come palloncini ad un metro dal fondale.
Di fronte ai nostri occhi uno spettacolo.
Squali grigi e pinna bianca ci scrutano, fermi, con i loro occhi da gatto, ad un passo da noi.
La corrente è fortissima, arriva a strappi, ad onde, con un'intensità quale non avevo mai provato, nemmeno nelle famose pass maldiviane.
La direzione non è sempre la stessa, l'uncino rischia spesso di disincagliarsi facendoci volare via.
Le nostre bolle non salgono. Rotolano. Rotolano via in orizzontale!!!
Ho le mandibole contratte, nello sforzo costante di tenere in bocca l'erogatore che un fiume in piena tenta di strapparmi via ad ogni minimo movimento.
L'angolazione della massa d'acqua che ci investe cambia un po'ed atterriamo pesantemente sul pianoro; fortunatamente non ci sono coralli, tutto pare spazzato via da questa forza. Inginocchiata sulla roccia, cerco di sollevare la videocamera per filmare gli squali che danzano incessanti davanti ai nostri occhi.
Non ce la faccio. Non riesco letteralmente ad alzare le braccia e portarmi lo scafandro davanti agli occhi.
Impreco come solo uno scaricatore di porto sa fare, e nel guardarmi intorno, scopro con orrore che il buddy, inginocchiato poco più avanti di me, sta involontariamente ed inconsapevolmente schiacciando la mia cima con una pinna, interrompendo la tensione del hook che sta perdendo la presa.
Cerco di raggiungere lo shaker, ma mi sembra di lottare contro un fiume in piena. Allora urlo. Urlo fino a sgolarmi, aggrappandomi con le dita alla roccia, fissando terrorizzata l'uncino che lentamente si sta sganciando. Non mi sente. Cerco di girarmi e con la coda dell'occhio vedo che gli altri sono intenti a guardare gli squali. Se volo via non se ne accorgerà nessuno.
Peleliu. Ultima isola prima del nulla.
Chissà se mi ritrovano, in tutto questo blu.
Ora capisco gli incidenti avvenuti in questo posto, gente a cui la forza dell'acqua ha strappato l'erogatore di bocca e che sono annegati così, in solitudine in mezzo ad un gruppo, senza riuscire a rimetterselo o recuperare quello di emergenza.
E rabbrividisco ripensando ai vari forum dove sub con una ventina di immersioni alle spalle erano stati portati qui e consigliavano questa immersione anche ad altri open water!
Con uno sforzo incredibile mi aggrappo al fondo come un giaguaro, mi trascino e riesco a raggiungere la pinna gialla del Cicciuzz: gli dò uno strattone, lui si gira e capisce. Alza il ginocchio e mi cambia la giornata.
Un'ondata di sollievo prende il posto della scarica folle di adrenalina, posso godermi il panorama.
Uno squalo pinna bianca mi ipnotizza con i suoi movimenti: se ne sta fermo contro corrente, immobile. Poi si lascia trascinare per qualche metro e con un guizzo della coda si riporta nella stessa posizione, chiudendo un cerchio. Così per decine di volte. Altri squali invece vanno, vengono, si muovono. Questo no, avanti, indietro, senza senso.
Mi giro un po' verso Tom: ha i capelli tutti pettinati all'indietro e le guance che sventolano flaccide come quelle di un novantenne nella galleria del vento...rido, mi riesco a girare un po' e lo riprendo per qualche secondo. Impossibile pensare di fare qualche ripresa più lunga, oggi.
Daniel ci chiama: stiamo sforando con la deco, è ora di andare.
Anche ora ci dobbiamo sincronizzare per sganciarci tutti insieme: one, two, three...GOOOO!
Veniamo letteralmente spazzati via. Voliamo sul plateau ad una velocità impressionante. Il fondale sembra una colata di cemento, tanto è liscio ed uniforme. Niente attecchisce in questo triangolo che si butta nel nulla.
Uno squalo grigio ci accompagna per un po'.
Ci portiamo a 5 metri e facciamo la nostra sosta in corsa, sul Peleliu Express.
Il bordo del plateau si avvicina inesorabilmente. Poi sotto di noi ci sarà solo il blu. Ci stringiamo un po'.
Il salto nel vuoto è impressionante, veniamo catapultati fuori dal reef con una forza inaudita, perdiamo ogni riferimento visivo.
Inaspettatamente la corrente si spegne.
Così, all'improvviso.
Anche la nostra tappa è finita, gonfiamo il pallone e risaliamo.
La costa è distante, siamo sospesi nel nulla e la barca...boh.
La barca è lontanissima e compie delle manovre strane, va avanti e indietro.
Daniel sbuffa. A bordo c'è un anziano capitano, preso in prestito da un altro diving. Sta pescando.
Occorreranno una ventina di minuti buoni perchè si accorga dei palloni e venga a recuperarci, tempo sufficiente perchè Bee Bee finisca la sua lunghissima deco, penalizzata dall'aria e dal Suunto.
Domani nitrox anche per lei, si è convinta.
I mitici e gustosi Bento box preparati dal diving ci aspettano ad Orange Beach, abbiamo bisogno di un po' di energie prima di affrontare la terza immersione!
mercoledì 1 dicembre 2010
Un treno chiamato...Peleliu Express
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