mercoledì 27 ottobre 2010

Marine Photobank's 2010 Ocean in Focus Conservation

Ecco le foto vincitrici del concorso Marine Photobank's 2010 Ocean in Focus Conservation.

Immagini e testo tratto da National Geographic

La foto vincente
Fotografia di Guy Marcovaldi, Projeto Tamar Brazil, Marine Photobank
Un subacqueo libera una delle 17 tartarughe marine affogate da una rete da pesca abbandonata al largo delle coste del Brasile: è la foto che ha vinto il concorso fotografico Marine Photobank's 2010 Ocean in Focus Conservation.
La missione di Marine Photobank è tesa a migliorare la tutela dei mari fornendo gratis fotografie di alta qualità ai media e alle attività non commerciali. Con questo concorso, Marine Photobank cercava immagini di grande impatto per “gettare luce sulle molte minacce che mettono in pericolo i nostri mari”. La National Geographic Society ha donato i premi per i vincitori del concorso."Le tartarughe sono pericolo”, commenta l'oceanografa ed esploratore incaricato di National Geographic Sylvia Earle. "Il numero di esemplari è in calo ancor più rapido di altre creature marine. Per alcune specie sopravvive forse il 5 per cento, "La buona notizia però è che gli oceani sono grandi e in grado di sopportare notevoli stress. La cattiva notizia è che anche il grado di sopportazione ha un limite”, aggiunge Earle. "Il 90 per cento di molti dei grandi pesci è scomparso, metà delle barriere coralline è scomparsa o versa in grave degrado , il 40 per cento del plancton è scomparso. Tutte queste sono notizie gravissime."Ci sono però ancora molti motivi di speranza. I mari non sono morti. Abbiamo ancora il 10 per cento di molte specie che stanno scomparendo rapidamente. Abbiamo ancora la possibilità di agire, ma dobbiamo fare presto”. Sean Markey

Un gigante caduto: ultimo addio
Fotografia di Peri Paleracio, Marine Photobank
Abbandonato in agonia su una spiaggia delle Filippine dai pescatori di frodo che gli hanno tagliato le pinne per venderle, uno squalo balena viene pianto da una donna. Marine Photobank ha proclamato questo scatto come "immagine più convincente" del 2010 in onore dell'anno della biodiversità proclamato dall'ONU. La plastica è un'altra minaccia per gli squali balena. Questi giganti gentili si nutrono di plancton e possono ingerire plastica con i grandi volumi di acqua che ingeriscono mentre mangiano. Inoltre rimangono incastrati in reti da pesca, sia abbandonate che in uso. Comparsi nei mari verso la metà del ventesimo secolo, gli oggetti di plastica stanno sopraffacendo ormai gli ecosistemi sommersi. Sopratutto, la plastica sta modificando la chimica dei mari e di tutte le creature che la ingeriscono.

L'albatro perduto
Fotografia di Guy Marcovaldi, Projeto Tamar Brazil, Marine Photobank
Tra le prime classificate del concorso Marine Photobank, questa foto mostra un albatro affogato dopo aver ingerito un amo di palamito al largo delle coste del Brasile: l'albatro è tra le centinaia di migliaia di uccelli marini uccisi ogni anno come prede accidentali."Anche questo è il prezzo del tonno o del pesce spada che mangiamo tutti i giorni, catturato con la pesca col palamito. Non è facile rimpiazzare gli albatri perduti”, aggiunge Earle, sottolineando che gli uccelli marini possono vivere quanto gli esseri umani. “Ci vogliono dai 10 ai 15 anni perché un albatro cominci a riprodursi e generano prole una volta l'anno quando va bene. Sono però essenziali per gli ecosistemi marini. È anche grazie a loro che il pianeta funziona”.

Oggetti di morte
Fotografia di Maximilian Hirschfeld, Marine Photobank
In un'altra delle foto ai primi posti del concorso Marine Photobank, un pescatore in Ecuador prepara gli ami del palamito. Questo tipo di pesca uccide accidentalmente anche grandi quantità di squali, tartarughe marine e uccelli marini."Milioni di ami vengono messi in acqua tutti i giorni. E su ogni amo c'è un piccolo pesce o un calamaro”, dice Earle. Con queste esche si potrebbe nutrire una nazione intera”.

Petrolio sopra, squali sotto
Fotografia di Jake Levenson, Marine Photobank
Squali nuotano vicino a una chiazza di petrolio nel Golfo del Messico lo scorso luglio, circa tre mesi dopo il disastro petrolifero nel Golfo, in questa fotografia tra le più apprezzate nel concorso Marine Photobank."Le perdite di petrolio possono causare danni gravi”, afferma Earle. “Il vero problema però è il contributo dei combustibili fossili e il loro impatto sul riscaldamento globale, l'innalzamento delle acque marine e infine, forse più preoccupante di tutto, l'acidificazione delle acque”, dice Earle.Nonostante tutto, comunque, "credo che queste immagini debbano comunque indurci alla speranza”. afferma Earle. “So che questi scatti non sembrano esprimere speranza. Ma la vera speranza riguarda tutte le persone che vedendo queste foto capiranno quanto siano in pericolo i nostri mari. E lo capiranno finché siamo in tempo. Il messaggio che ci riguarda tutti è che non possiamo permettere il perpetuarsi di questo degrado”.

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