venerdì 8 ottobre 2010

Tra le pinne del Longimanus

Sharm El Sheikh - Gordon Reef - 19 Agosto 2010

L'antefatto:

Una torrida mattina di agosto, una barca in navigazione verso Tiran, 3 amici che preparano l’attrezzatura foto-video, carichi di aspettativa...
Mi intrattengo con una simpatica cicciona austriaca che chiede al cuoco in quanti modi si può dire buongiorno in arabo: sabah el ful (giorno di mughetto) sabah el eshta (giorno di panna) sabah el nur (giorno di luce) sabah el hassal (giorno di miele)…intervengo con un “SABAH EL ERSH (giorno di squalo)...but only for divers!”.
Il cuoco mi incenerisce con lo sguardo. Evvabbè, che avrò mai detto?
“Ragazzi, come prima immersione Gordon Reef”.
Ancora? Che palle!
Facendo un giorno a Tiran ed uno a Ras Mohammed, capisco che capiti anche di ripetere le stesse immersioni, ma TUTTE le volte Gordon di prima…vabbè!
Caveremo del buono anche in quest’ennesimo puccio a Gordon!
Questa volta, dato che la shamandura è favorevole, decido all’unanimità (sono famosa per essere molto democratica, specie con il mio buddy) che possiamo prenderla un po’ più larga, stando di più sul drop off e meno sulla zona di sabbia.
Saltiamo e non appena il blu si richiude sopra la mia testa mi sento meglio, le tensioni si allentano, lo scazzamento svanisce: sono di nuovo a “casa”.
Tagliamo il giardino di coralli, piano, con calma, dirigendoci verso il drop off: oggi ho delle “good vibes”, sia mai che ci capiti un tigre.
Nonostante non sia uno dei miei luoghi preferiti, mi godo i giochi di luce, il piccolo branco di carangidi che passa frettoloso, i colori dei coralli.
Spesso butto uno sguardo nel blu, non ci spero tanto, ma magari…
Raggiungiamo un bel pinnacolo e mi metto a far esperimenti macro con un Pterois volitans sonnacchioso; un elemento estraneo entra nella mia inquadratura, sollevo lo sguardo e…
Siamo stati circondati da un gruppo di sub in assetto stile “Figli di una shamandura” che sbollano, si agitano, fanno casino ma soprattutto mi fanno spostare lo Pterois…smadonno nemmeno tanto silenziosamente e me ne vado.
Riprendo a fare esperimenti un po’ più in là, controllando con la coda dell’occhio che non arrivino a scassarmi i cabasisi di nuovo.
Invece il gruppo fortunatamente inizia il ritorno verso quote meno profonde; noi tra nitrox e ottimi consumi, ci possiamo permettere una permanenza maggiore .
Nel frattempo Toscanello e Cicciuzz stanno cazzeggiando con le videocamere; oggi nessun avvistamento eclatante, ma il reef offre generosamente sempre qualcosa: pesci angelo, pesci farfalla, pesci palla, cernie colorate, nuvole di anthias che esplodono sincronizzate in una pioggia purpurea.
Intravedo una razza maculata ed inizio ad esultare segnalandola al Toschy che mi fa l’inconfondibile segno di “Che culo!” perpetrando un gioco che fa da leit motiv alla vacanza . Siamo oramai arrivati ai bidoni, triste ricordo di un naufragio di una trentina di anni fa. Dato che nelle precedenti 8 immersioni li abbiamo fotografati e filmati a sufficienza per un nostro progetto, decidiamo di tornare trasversalmente verso il reef principale, dove un’ampia zona di sabbia è contornata da blocchi di corallo molto ricchi.
La poca profondità e il fondo sabbioso, regalano una luce meravigliosa, ottima per avere dei bei colori saturi e contrastati.
Dopo aver cazzeggiato a dovere e doppiato ampiamente la boa dei 60 minuti, spariamo il pallone e risaliamo.

Il fatto:

L’acqua è azzurra, il fondo sotto di noi è a soli 3/4 metri.
Cerchiamo di individuare la nostra barca, tra la decina che ronza a distanza; eccola, dietro a tutte, ci ha visti.
Ridendo per lo “strepitoso” avvistamento della razza, iniziamo ad allontanarci dal reef, pinneggiando di schiena.
Mi giro per vedere a che punto è la barca: odio starmene troppo tempo a mò di turacciolo sospesa nel blu…è una mia paura atavica, preferisco starmene sott'acqua che non in superficie.
Il rais sta ancora dribblando le altre barche, ci tocca aspettare ancora un po’, sbuffo .
Ed è allora che sento il Cicciuzz : “Squalo, squalo! Longimanus!” guardando alle mie spalle.
Ruoto su me stessa di 180° e, a distanza di una spanna dalla mia spalla, un’inconfondibile pinna dorsale arrotondata e spruzzata di bianco, mi sfila accanto.
Ora : chiudi la mano a pugno.
Tira fuori il pollice ed il mignolo: ecco, quella è una spanna.
Mettila vicino alla spalla destra e con l’altra mano prendi un giornale, una rivista, anche un semplice A4 può andar bene e mettilo lì dove la spanna finisce.
Rende l’idea?
I primi pensieri sono stati, in sequenza:

1.“Ebbravo il Cicciuzz, è proprio un Carcharhinus longimanus
2.“Quanto è marrone!” ( giuro, ho pensato proprio così! )
3.“C@zzo, ci sono seduta sopra!”
4.“Troppo vicino troppo vicino via via via” mentre il lembo superiore della caudale mi sfiora, creando un curioso mulinello.

Mi giro di nuovo verso la barca…è abbastanza vicina, ma ancora troppo lontana per questa situazione.
Urlo: “Ta-ala, ta-ala! ersh ersh!!!” (vieni, vieni, squalo, squalo).
Nel frattempo il mio cervello apre contemporaneamente tutti i files archiviati come Carcharhinus longimanus: affiorano gli spezzoni di video di un mio ex collega che prende a colpi sul naso uno di questi con la videocamera a Jackson Outside, la Valeriona inseguita da 2 squali a Marsa Bareka mentre fa un intro, la francese azzannata alla coscia alle Brothers nemmeno tanto tempo fa, il compagno di immersione di Bret Gilliam attaccato ed ucciso durante un’immersione tecnica…
Lo squalo (in genere, non una specie in particolare) è tra i miei animali preferiti, mi appassiona fin da quando ero piccola piccola piccola, il primo libro che ho scarabocchiato, guardato e riguardato si intitolava "Lo squalo", è stato il primo animale in assoluto che ho visto durante il corso Open, ho fatto immersioni tra decine di loro... ma tutto ciò in questo momento non mi aiuta, anzi: il fatto che il nostro amico pinnuto abbia saltato tutte le rituali tappe di avvicinamento tipiche del suo modus operandi mi impensierisce alquanto.
Sempre nel corso di un nanosecondo constato che non si tratta di un grosso esemplare, sarà un paio di metri al massimo, la pinna caudale non mi è passata accanto molto dopo la dorsale…forse è solo curioso, è venuto a darci un’occhiatina e se ne va .
Non finisco di elaborare questo pensiero che la sagoma compie un elegante piroetta e mi torna tra le pinne. Istintivamente scalcio e sento il suo corpo solido sotto il mio piede destro che viene spinto via ( o forse sono io che mi auto spingo via )
Dai dai dai, via di qui! Rieccolo, mi tocca di nuovo, gli mollo un altro calcione, fanculo.
Iniziamo a pinneggiare vigorosamente, il Toschy, il Cicciuzz in mezzo e io sull’esterno.
Non c’è il tempo di rimettersi erogatore e maschera, di vedere che intenzioni abbia realmente, siamo in una situazione di merda, quella che io odio mortalmente: il TURACCIOLO!
Senza avere il controllo su quello che accade sotto, il reef troppo lontano e la barca…
Mentre scappiamo (perché è questo che stiamo facendo) intimo al Cicciuzz, che ha in mano la videocamera “RIPRENDI!” e lui accende.
Con una mano mi attacco ad una delle impugnature dello scafandro: loro stanno pinneggiando più forte di me e non voglio rischiare di rimanere indietro, isolata… finchè siamo una massa compatta di neoprene e bombolame, magari…
Non c’è panico, non c’è paura, tutto accade troppo velocemente ed allo stesso tempo sembriamo congelati in un istante infinito; non penso a nulla, c’è solo la sensazione di dover uscire subito da questa situazione.
Alle nostre spalle sento urla, voci, il rombo del motore, ci lanciano la cima con la boa, la agguantiamo e ci trascinano a forza di braccia verso la poppa.
Arrivati in prossimità delle scalette, il Cicciuzz si fionda su quella di destra, io e Toscanello su quella di sinistra, arrampicandoci insieme.
Lui con le pinne da apnea e la videocamera, io con le mie pinne sopra le sue pinne e la macchina fotografica, accrocchiati in un unico groviglio.
Sembriamo 2 gatti su un albero con sotto un rottweiler…
Nessuno dei due riesce a salire ed entrambi ce ne guardiamo bene dallo staccarci, scendere e cambiare scaletta, dato che nel frattempo il Cicciuzz è già in barca. Rimaniamo fermi così, le chiappe ben al di sopra della superficie, mentre lo squalo gironzola ancora un po’ sotto la piattaforma e poi se ne va.
Con la coda dell’occhio vedo che non c’è più e poi sento qualche snorkelista che grida, laggiù, verso il reef… bene, se n’è andato veramente.
Scendo dalle pinne del Toschy che finalmente riesce a salire, e poi vengo tirata su io di peso. La barca sgomma via, direzione Laguna.
Incastro la bombola nella panca e rimango seduta un attimo, cercando di indovinare il numero degli ematomi che stanno spuntandomi come funghi sugli stinchi duramente provati dalla scaletta.
Incrocio lo sguardo dei miei compari… “bello però!” “sei riuscito a riprenderlo?” “manco una foto, avevo la macchina già spenta” Vabbè, siamo i soliti cazzoni...
Vengo rimproverata silenziosamente dal cuoco che mi fulmina con uno sguardo, come se la mia battuta avesse realmente avuto il potere di materializzare lo squalo.
Mi libero dell’attrezzatura, vengo travolta da mille domande di mille persone diverse, evito per un soffio di prendere a testate la guida egiziana che continuava a ripetere che non dovevamo avere paura, che non ci avrebbe fatto nulla e che, anzi, dovevamo rimanere in acqua a fargli le foto (come faceva, quel vecchio detto sulle chiappe degli altri?).
“Hai mai visto un longimanus in acqua?”
“No.”
“Sai come si comporta?”
“No”
“Ecco. Taci.” (in realtà al posto di “taci” avrei preferito qualcosa di più fisico, ma tant’è..)
“Anzi, guarda, è ancora là: se vuoi ti presto la macchina fotografica”
Tiriamo fuori le videocamere dagli scafandri e riavvolgiamo il nastro.
Ci guardiamo.
Play.
Eccolo.
In mezzo alle nostre pinne nere, gialle e fucsia, tra le mille bolle create dalla nostra fuga, c’è Lui, il cosiddetto “squalo dei naufraghi”.
Elegante, con quegli enigmatici occhi da gatto, le lunghe pettorali arrotondate, circondato da un nugolo di pesci pilota. Bello. Bellissimo. Meno male che avevamo il grandangolo.
Pochi secondi e poi va fuori inquadratura.
Cazziatone del Cicciuzz: “Qui è quando ti sei attaccata allo scafandro!”.
Scusa, eh, se tentavo di salvare il mio lato B!

L'epilogo:

Dall’immersione successiva, il rientro in barca è stato come avrebbe sempre dovuto essere, ma che il lassismo da vacanza aveva compromesso: maschera indossata ed erogatore in bocca, testa in acqua a controllare il blu a 360°, vicini vicini e mano nella mano, aspettando che la barca quasi arrivasse sul reef a prenderci!

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