E' giusto applicare questa regola sempre e comunque?
O è meglio valutare caso per caso?
E che elementi influenzano il giudizio?
Proprio ieri mi sono trovata di fronte ad uno di questi casi, che ha dato spunto ad una serie di riflessioni "etiche".
Una persona che conosco non si è immersa per motivi fisici e ha dovuto comunque pagare i 2/3 del prezzo dell'immersione.
Nel caso in particolare, il mare era molto mosso (abbiamo avuto anche difficoltà a salire sul gommone) e perciò la ragazza in questione ha iniziato da subito ad avvertire un po' di nausea.
Dopo una ventina di minuti di navigazione, giunti sul luogo dell'immersione, la subacquea è stata la prima ad essere pronta a tuffarsi, ma sembrava tesa ed ha preferito attendere sul gommone che anche noi fossimo pronti, nonostante il mal di mare.
Una volta in acqua, raggiunta la cima della boa lungo la quale dovevamo scendere, è stata soggetta ad un forte attacco di panico in piena regola: "fame d'aria" (forse accentuata anche da una lieve forma d'asma) occhio pallato, incapacità di reazione, pinneggiata incontrollata.
La guida era già scesa a -5mt, dunque il problema è stato brillantemente risolto dai 2 buddy.
Tra le onde e la corrente sono riusciti a toglierle subito la cintura con la zavorra e a passarla al barcaiolo, a raggiungere la maniglia del tubolare per farla attaccare saldamente mentre le sganciavano anche il gav, per poi accompagnarla con successo alla scaletta, dove le hanno slacciato le pinne e fatta salire a bordo dell'imbarcazione.
Di tutto ciò, come di solito accade nei casi di panico, lei non ha ricordo.
Dunque, riassumendo:
Minuti sott'acqua =0
Assistenza in acqua=amici (altri clienti)
Assistenza in barca=nessuna (nel senso che non c'era una persona abilitata/addestrata al soccorso nè è stato fornito genere di conforto quale una bevanda calda).
La ragazza ha vomitato e poi ha atteso mestamente il nostro ritorno 50 minuti dopo.
Sbarcando tra i cavalloni che si infrangevano sulla spiaggia, è stata nuovamente male, con nuovo attacco di "fame d'aria" al punto che l'abbiamo fatta sedere su una panca e spogliata noi amiche (anche questa volta, supporto del diving pari a 0).
Il tutto è stato poi quantificato dal diving in 20€, a fronte dei 30€ dell'immersione completa.
Ora.
E' da ieri che rimugino su questa cosa, essendo anche stata "dall'altra parte della barricata" ...
Ne ho discusso con il mio buddy, valutando insieme i diversi punti di vista, la crisi (che quest'anno va tanto di moda per giustificare tutto) annessi e connessi.
Malore sì, problema all'attrezzatura no? Problema psicologico no, mal di mare sì?
Valutare caso per caso o imporre una regola rigida e fissa?
Da co-manager di un diving, ho sempre cercato di venire incontro al sub, soprattutto se la causa della mancata immersione era al di là della propria volontà (salute) e fornendo attrezzatura "spare" in caso di problemi e guasti last minute: a nessuno credo piaccia arrivare sul punto di immersione, non poter scendere per un banale guasto (o malore) e dover poi pagare!
Oltre al danno, la beffa!
Dove è finita l'etica del subacqueo?
Scalzata dal mero guadagno del commerciante?
Il verdetto finale è stato che no, in questo caso potevano anche fare i signori e gestirla più brillantemente, contando che la ragazza faceva parte di un gruppo di habituè, oppure far pagare solo il passaggio barca, ma 20 € su 30...NO!
Mi è sembrata un'assurdità!
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